giovedì 22 maggio 2014

Ombre - 221

La Coldiretti, movimento di paciosi coltivatori, può indire un convegno dal titolo “Con trucchi ed inganni l’Unione Europea apparecchia le tavole degli italiani”, alla vigilia delle elezioni europee, alla Fiera Milano Congressi.

È vendetta. Tremenda vedetta, ambrosiana contro il Vaticano romano. Di Gotti Tedeschi e la braccio destro Chaouqui, per il partito delle cliniche private degli affaristi ambrosiani, contro Bertone, che tentò una resistenza: che non si ripeta più.
All’ombra del papa Francesco, la cui diletta Maria Immacolata Chaouqui ambrosianamente s’è venduta la terrazza ai vip per la beatificazione dei due papi. È la chiesa, bellezza.

Il Csm decide di non decidere nella più clamorosa lite giudiziaria di vertice, alla Procura di Milano. Nessun commento. Il professor Albertoni, membro del Csm su indicazione della Lega ma di suo studioso di Mosca e Pareto, si dimette per questo. Silenzio.

Berlusconi racconta da Mentana come Putin progettasse già dieci anni fa l’Eurasia - da cui lui l’avrebbe dissuaso. Nessuna reazione. Due giorni dopo Putin firma l’accordo per il gas alla Cina, un affare da 4 o 500 miliardi. Nessuna reazione. Giornalismo?

Al decimo giorno Scajola è complice delle Br nell’assassinio di Biagi. Incredibile, ma come non credere alla Procura di Bologna che non ha mai trovato nessun colpevole?

Il “Corriere della sera-Roma” riduce Muti a “maestro”. Dovendo riferire del successo dell’Opera di Roma e di Muti a Tokyo virgoletta ironicamente. Anche il Muti che chiede il riscatto di Verdi dalla macchiettistica.

Il “Corriere della sera-Roma” si distingue per una serie, ormai, di campagne contro l’Opera di Roma. Negli anni in cui l’Opera di Roma ha fatto le migliori rappresentazioni di tutta Italia. Perfino l’Opera di Firenze, che pure da molti anni è muta, è meglio per il “Cds-Rma”.

Panebianco riflette sul conflitto in Procura a Milano: “Il conflitto, per quel che s’è capito..”. Non s’interroga sul perché non si riesce a “capire”. Che è la vera questione: dei media più che dei giudici – i giudici si sa che sono permalosi.

Non solo il presidente Esposito, un altro giudice di Cassazione del consesso che condannò Berlusconi, D’Isa, ha un figlio giurisperito implicato in prestiti a gratis, per cointeressare il padre a certe vertenze. Anche i D’Isa napoletani, naturalmente. Ma questo non vuol dire. Se non per quel vanto molto napoletano, di essere giudice figlio di giudice nipote di giudice: ora il figlio di giudice vuole monetizzare tanta autorevolezza?

Il primo presidente della Cassazione, Santacroce, e il Procuratore Generale Ciani si svegliano dopo due mesi di scontri alla Procura di Milano, e dicono che bisogna indagare. Sono buoni democratici, ma: devono salvare i napoletani di Milano, Bruti Liberati, Boccassini, Greco, o devono affossarli, qual è la nuova tendenza?

Si presentano alla Casa della Cultura di Milano le “memorie” di Vittorio Dotti, l’avvocato milanese che per vent’anni si arricchì a spese di Berlusconi. Memorie anti-Berlsuconi, ovviamente. Dotti è una vittima, naturalmente, e merita giustizia. Ma la Cultura?

“La cellulite si cura meglio alle 11”, una pagina. Poi dice che si consumano le foreste per farne carta.
Forse per giustificarsi, Rossella Burattino ci infila una seconda informazione: “La depilazione fa meno male alle 15”.

Si monta uno spettacolo a Todi, seconda casa del politicamente corretto, su Marina Berlusconi: “Una metafora del potere dinastico, finanziario, politico, mediatico”. A opera di Emilia Costantini e Laura Lattuada – riferisce Paolo Fallai. Tutti figli di.

Si accumulano le assoluzioni a Rignano Flaminio, le denunce di violenze ai bambini essendo  fantasie “frutto di una forte contaminazione”. Senza conseguenze per i contaminatori.
Ai genitori nelle cronache compete il ruolo di vittime, non di colpevoli delle fantasie indottae sui “loro” bambini. Di cui filmavano in ripetizione le “memorie” delle sevizie. La domenica pomeriggio. Sul divano di casa.

“Expo, la cupola esiste ed era Berlusconi il referente di Frigerio”: con un titolo cubitale “la Repubblica” apre lunedì. Con un errore sintattico, se non è voluto: invece di riferire la rivelazione a Frigerio, Mauro al riferisce al suo informatore-trice alla Procura di Milano.
Il giorno dopo “la Repubblica” reitera su Berlusconi: “Il papa fa quello che avrei fatto io”. Ma allora fa campagna per Berlusconi?

Si penserebbe il lettore di “Repubblica” – la professoressa di lettere, l’ex bas-bleu – avvertito. Ma si beve tutto, come nei popolari inglesi, che ogni giorno “uccide” il precedente. Si capisce che la scuola sia in crisi.

“Rai, arriva il tetto agli stipendi. In 43 scendono a 240 mila euro”. Dunque, 43 topi manager. Auto aziendale compresa.
Ma dalla Rai non possono andare alla concorrenza, perché Berlusconi li paga meno.

Ma Renzi ha compresso la spesa pubblica col tetto ai manager, o non l’ha dilatata, con la nomina di una dozzina di presidentesse? Che non hanno nulla da fare – nel diritto societario il presidente è per la rappresentanza – ma prendono il tetto.

Finalmente Chiamparino dice tutto (quasi) su Greganti a Imarisio, al “Corriere della sera”: “Era il mio capo a Moncalieri nel 1975”. Molto legato alla “corrente autostradale” del Pd, cioè ai Gavio – la stessa di Penati-Bersani a Milano. E per essa a Quagliotti, vice-segretario regionale Piemonte del Pd, della corrente di Fassino. Con cui Chiamparino è in guerra.

Martin Schulz, non richiesto, intima a Geithner dai microfono di “Un giorno da pecora” di fare i nomi: “O il signore fa i nomi o taccia per sempre”. Come al matrimonio? Sarà Schulz, candidato socialista a capo del Parlamento Europeo, un prete.

Il sanguinoso duello alla Procura di Milano si gioca su un doppio pedinamento: due giudici inseguivano lo stesso sospetto? La Guardia di Finanza, che li avrebbe fatti entrambi, assicura che non è avvenuto. Ma non vuol dire, insiste il “Corriere della sera”: “L’affermazione, in sé vera, sconta però una dose di reticenza rispetto al rischio potenziale, che in teoria investigatori di due indagini diverse potessero prima o poi incrociarsi sullo stesso bersaglio da pedinare”. In teoria, eh.
In pratica, non una parola sulle sette cartelle con cui un giudice accusa l’altro di averlo fatto – fatto in pratica.

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