La
Coldiretti, movimento di paciosi coltivatori, può indire un convegno dal titolo
“Con trucchi ed inganni l’Unione
Europea apparecchia le tavole degli italiani”, alla vigilia delle elezioni
europee, alla Fiera Milano Congressi.
È
vendetta. Tremenda vedetta, ambrosiana contro il Vaticano romano. Di Gotti Tedeschi
e la braccio destro Chaouqui, per il partito delle cliniche private degli affaristi
ambrosiani, contro Bertone, che tentò una resistenza: che non si ripeta più.
All’ombra
del papa Francesco, la cui diletta Maria Immacolata Chaouqui ambrosianamente
s’è venduta la terrazza ai vip per la beatificazione dei due papi. È la chiesa,
bellezza.
Il
Csm decide di non decidere nella più clamorosa lite giudiziaria di vertice,
alla Procura di Milano. Nessun commento. Il professor Albertoni, membro del Csm
su indicazione della Lega ma di suo studioso di Mosca e Pareto, si dimette per
questo. Silenzio.
Berlusconi
racconta da Mentana come Putin progettasse già dieci anni fa l’Eurasia - da cui
lui l’avrebbe dissuaso. Nessuna reazione. Due giorni dopo Putin firma l’accordo
per il gas alla Cina, un affare da 4 o 500 miliardi. Nessuna reazione.
Giornalismo?
Al
decimo giorno Scajola è complice delle Br nell’assassinio di Biagi. Incredibile,
ma come non credere alla Procura di Bologna che non ha mai trovato nessun
colpevole?
Il
“Corriere della sera-Roma” riduce Muti a “maestro”. Dovendo riferire del
successo dell’Opera di Roma e di Muti a Tokyo virgoletta ironicamente. Anche il
Muti che chiede il riscatto di Verdi dalla macchiettistica.
Il
“Corriere della sera-Roma” si distingue per una serie, ormai, di campagne
contro l’Opera di Roma. Negli anni in cui l’Opera di Roma ha fatto le migliori
rappresentazioni di tutta Italia. Perfino l’Opera di Firenze, che pure da molti
anni è muta, è meglio per il “Cds-Rma”.
Panebianco
riflette sul conflitto in Procura a Milano: “Il conflitto, per quel che s’è capito..”.
Non s’interroga sul perché non si riesce a “capire”. Che è la vera questione: dei
media più che dei giudici – i giudici si sa che sono permalosi.
Non
solo il presidente Esposito, un altro giudice di Cassazione del consesso che condannò
Berlusconi, D’Isa, ha un figlio giurisperito implicato in prestiti a gratis, per
cointeressare il padre a certe vertenze. Anche i D’Isa napoletani,
naturalmente. Ma questo non vuol dire. Se non per quel vanto molto napoletano,
di essere giudice figlio di giudice nipote di giudice: ora il figlio di giudice
vuole monetizzare tanta autorevolezza?
Il
primo presidente della Cassazione, Santacroce, e il Procuratore Generale Ciani
si svegliano dopo due mesi di scontri alla Procura di Milano, e dicono che
bisogna indagare. Sono buoni democratici, ma: devono salvare i napoletani di
Milano, Bruti Liberati, Boccassini, Greco, o devono affossarli, qual è la nuova
tendenza?
Si
presentano alla Casa della Cultura di Milano le “memorie” di Vittorio Dotti,
l’avvocato milanese che per vent’anni si arricchì a spese di Berlusconi.
Memorie anti-Berlsuconi, ovviamente. Dotti è una vittima, naturalmente, e
merita giustizia. Ma la Cultura?
“La
cellulite si cura meglio alle 11”, una pagina. Poi dice che si consumano le
foreste per farne carta.
Forse
per giustificarsi, Rossella Burattino ci infila una seconda informazione: “La
depilazione fa meno male alle 15”.
Si
monta uno spettacolo a Todi, seconda casa del politicamente corretto, su Marina
Berlusconi: “Una metafora del potere dinastico, finanziario, politico, mediatico”.
A opera di Emilia Costantini e Laura Lattuada – riferisce Paolo Fallai. Tutti
figli di.
Si
accumulano le assoluzioni a Rignano Flaminio, le denunce di violenze ai bambini
essendo fantasie “frutto di una forte
contaminazione”. Senza conseguenze per i contaminatori.
Ai
genitori nelle cronache compete il ruolo di vittime, non di colpevoli delle
fantasie indottae sui “loro” bambini. Di cui filmavano in ripetizione le “memorie”
delle sevizie. La domenica pomeriggio. Sul divano di casa.
“Expo,
la cupola esiste ed era Berlusconi il referente di Frigerio”: con un titolo cubitale
“la Repubblica” apre lunedì. Con un errore sintattico, se non è voluto: invece
di riferire la rivelazione a Frigerio, Mauro al riferisce al suo informatore-trice
alla Procura di Milano.
Il
giorno dopo “la Repubblica” reitera su Berlusconi: “Il papa fa quello che avrei
fatto io”. Ma allora fa campagna per Berlusconi?
Si
penserebbe il lettore di “Repubblica” – la professoressa di lettere, l’ex bas-bleu – avvertito. Ma si beve tutto,
come nei popolari inglesi, che ogni giorno “uccide” il precedente. Si capisce
che la scuola sia in crisi.
“Rai,
arriva il tetto agli stipendi. In 43 scendono a 240 mila euro”. Dunque, 43 topi
manager. Auto aziendale compresa.
Ma
dalla Rai non possono andare alla concorrenza, perché Berlusconi li paga meno.
Ma
Renzi ha compresso la spesa pubblica col tetto ai manager, o non l’ha dilatata,
con la nomina di una dozzina di presidentesse? Che non hanno nulla da fare –
nel diritto societario il presidente è per la rappresentanza – ma prendono il
tetto.
Finalmente
Chiamparino dice tutto (quasi) su Greganti a Imarisio, al “Corriere della
sera”: “Era il mio capo a Moncalieri nel 1975”. Molto legato alla “corrente
autostradale” del Pd, cioè ai Gavio – la stessa di Penati-Bersani a Milano. E
per essa a Quagliotti, vice-segretario regionale Piemonte del Pd, della corrente
di Fassino. Con cui Chiamparino è in guerra.
Martin
Schulz, non richiesto, intima a Geithner dai microfono di “Un giorno da pecora”
di fare i nomi: “O il signore fa i nomi o taccia per sempre”. Come al
matrimonio? Sarà Schulz, candidato socialista a capo del Parlamento Europeo, un
prete.
Il sanguinoso duello alla Procura di
Milano si gioca su un doppio pedinamento: due giudici inseguivano lo stesso
sospetto? La Guardia di Finanza, che li avrebbe fatti entrambi, assicura che
non è avvenuto. Ma non vuol dire, insiste il “Corriere della sera”:
“L’affermazione, in sé vera, sconta però una dose di reticenza rispetto al rischio
potenziale, che in teoria investigatori di due indagini diverse potessero prima
o poi incrociarsi sullo stesso bersaglio da pedinare”. In teoria, eh.
In pratica, non una parola sulle sette cartelle
con cui un giudice accusa l’altro di averlo fatto – fatto in pratica.
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