Il Nero d’Avola ha sostituito il Chianti,
troppo americanizzato, sulle tavole italiane se non al’export. Da una decina
d’anni. È in produzione da trent’anni, dal 1984. Prima si vendeva come uva da
taglio. Lh scoperto un piemontese, l’enologo Franco Giacosa.
Prima la Sicilia non aveva enologi. Ora pochi.
Mellone a Napoli (“Addio al Sud”), “al caffè di
Santa Lucia”, si perde a “osservare\ distrattamente l’ennesimo corteo di\
disoccupati organizzati a rinnovare il lamento dei lazzari\ occupati a disoccuparsi per una questione di coerenza”.
Poco sopra, al caffè d’Europa prospiciente piazza Reale, nel 1845 Friedrich
Hebbel osservava, subito dopo che s’era aperto il “mondo bello” dei borghesi e
forestieri a passeggio, “anche una magica visione di proletariato”: “A dozzine
guardano i lazzaroni con i visi avidi, sbiancati dalla fame, attraverso i vetri
lucidati delle finestre, per vedere come il fortunato dentro se la gode, e di
certo di una buona quota dell’implacabile odio si sono imbevuti di cui avranno
bisogno dopo per poter pugnalare e strozzare con collera fredda” (introduzione
al “Trauerspiel in Sizilien”).
Non c’è rimedio?
De mafia again
De mafia again
È teoria della scrittrice Rina Brundu che “la mafia in Sardegna non ha mai avuto una possibilità perché sparavamo prima”. Che si può contestare?
La mafia è prepotenza. E se allignasse al Sud perché c’è
troppa mitezza? Forse una mancanza di coraggio, le civiltà si estenuano – il
Sud ha alcuni millenni di storia prima del Centro-Nord, Celti e Etruschi inclusi.
Forse la sudditanza che s’incorpora (psicologica) facendo parte bene o male di
un Regno, con l’accessoria sudditanza alla cosiddetta Legge.
Una cosa gustosa l’obbrobrioso “Mafia Republic”
contiene, dove irride al “New York Times” che elegge Moravia a autorità in
materia di mafia. Moravia infatti dice il 13 novembre 1983: “Il siciliano in
quanto tale – incluso il siciliano onesto – è per inclinazione un mafioso, nel
senso che condivide con l’uomo di mafia la brama e l’ossessione del «prestigio
del potere»”. Moravia che probabilmente di siciliani conosceva Sciascia e
Guttuso, o magari Lanza Tomasi. E naturalmente la baariota Maraini, sua ex.
Calabria
Muscari Tomajoli, avvocato a Venezia, patrono
di Mazzacurati, imprenditore veneto, in una vicenda molto veneta quale la
corruzione al Mose, è nome di Laureana di Borello in provincia di Reggio
Calabria. Anche il nome, Giovani Battista, è calabrese. L’avvocato è in età,
considerato. Oggi non sarebbe possibile, che uno di Laureana di Borrello
diventi avvocato a Venezia .
Boris Christoff, il celebre basso, debuttò nel
1951 a Reggio Calabria nella “Bohème”, nel ruolo di Colline, il filosofo. C’era
un teatro d’opera a Reggio Calabria nel 1951.
C’è tuttora, il Cilea, grande di 1.500 posti.
Ma non fa l’opera, non fa niente. Dichiarato inagibile nel 1985 per farne un
restauro, poi restaurato, per circa vent’anni, è stato reinaugurato, e lì sta.
Il rantolo del Padrino-Marlon
Brando, il romanziere Mario Puzo prese dalla testimonianza di Frank Costello di
fronte alla commissione Kefauver nel1951, la Commissione d’inchiesta sul
crimine organizzato, che la tv mandava in onda. Non era ancora sessantenne,
Costello, pseudonimo di Francesco Castiglia, nativo di Lauropoli, frazione di
Cassano allo Jonio. Emigrato bambino con la madre e la sorella per raggiungere
il padre, fu arrestato una prima volta a 17 anni per rapina, ma non condannato.
Fu poi il referente del partito Democratico a New York per i voti della mafia.
Fino alla sindacatura di Fiorello La Guardia, che nel 1933 lo obbligò a
spostare gli interessi su New Orleans – senza perseguirlo. Subirà nel 1957 un
attentato del capomafia rivale Genovese, ma morirà di cuore a 82 anni, nel
1973, sempre libero.
Anche Albert Anastasia, il
capomafia di New York che Alberto Sordi parodierà nel 1973 nel film di Steno “Anastasia mio fratello ovvero il presunto capo della Anonima Assassini”, era nato in Calabria, nel 1902 a Tropea. Emigrò
clandestino a 17 anni, dopo la guerra, e fece una carriera rapidissima. Quando
morì, ammazzato mentre si radeva dal barbiere, aveva 55 anni.
leuzzi@antiit.eu
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