martedì 3 giugno 2014

Ed ecco a voi la Mafia Republic

Mancava e quindi eccola, la Repubblica mafiosa. La cattiva azione che mancava. Sì, ambigua, “mafia republic” si può intendere, per carità, Dickie così la intende, come la ragnatela mafiosa. Ma l’allusione è chiara, chiarissima, su di essa l’autore, i recensori entusiasti, l’editore speculano. E per questo il libro si fa leggere. Sì, è “divertente”, come assicurano le autorità britanniche che illustrano il risvolto, ma quante “narrazioni” non abbiamo avuto e non abbiamo su Cutolo, Casal di Principe, Lima, Ciancimino, Riina, e compari. Mancava giusto la Repubblica di mafia.
Alla fine della lettura resta poco, come di tutte le storie della criminalità, peggio della pornografia. Non più della lettura del giornale. “Le mafie e la Repubblica sono cresciute insieme”. Ovvio, tutto cresce, è di questi profondismi che Dickie ci nutre. Il problema sarebbe che non sono cresciuti i Carabinieri. Perché la proprietà è un furto. E perché fare la ronda è sempre meglio che lavorare, distende i nervi, oppure “controllare il territorio” (multare gli onesti). Ma di queste cose, che pure tutti vedono, non c’è traccia nella apocalisse dickiana.
L’editore si fa scudo nel blurb di autorevoli firme britanniche: gli italiani si lamentano dello stereotipo? ma “il problema vero è che lo stereotipo è corretto”. E quindi mettiamo anche l’editore, già illustre, in questa “Repubblica”? L’editore dirà che lui non c’entra, naturalmente, ma si può fare eccezione solo per lui? Mettere insieme tanti crimini senza nient’altro equivale ad assimilare un paese ai suoi crimini. Certo, successo chiama successo, e l’editore esiste per vendere i libri. Ma con qualche limite - non è, si penserebbe, un circo. 
Dickie, che si era segnalato quindici anni fa a Napoli con “Darkest Italy”, uno studio sulla nascita dello stereotipo (anti)meridionale nell’Italia di fine Ottocento, mai ripubblicato e nemmeno tradotto, da qualche tempo si diverte a spese dell’Italia che insegna, da reporter aggiornato – cucina? cucina, terremoto? terremoto, mafia? mafia. Con una notevolissima bibliografia, bisogna dire, da grande lettore. Che non lo esenta dagli errori della fretta e della compilazione: la Salerno-Reggio Calabria, su cui raccoglie in poche righe alla pagina 112 una ventina di turpitudini, dice in costruzione da 50 anni, il questore Marzano a Reggio Calabria, di cui di cui è l’unico ad avere una buona opinione, sposta all’autunno del 1954 invece dell’estate, la missione riducendone e 54 giorni, Angelo Macrì dice “originario di Brooklyn”, etc. Di penna facile, alla Montanelli, è altrettanto superficiale. Uno dei tanti che sfruttano il provincialismo italiano. Qui recidiva, riscrivendo “Onorate Società”” di due anni fa. Ma che c’entriamo noi? Lettori, italiani, meridionali, antimafiosi genetici.
John Dickie, Mafia Republic, Laterza, pp. 532 € 24

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