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domenica 1 giugno 2014

Il mondo com'è (175)

astolfo

Antisemitismo – Considerarlo un crimine è un crimine. Sembra un paradosso ma Orwell lo argomenta con proprietà, nella critica al saggio di Sartre, “Riflessioni sulla questione ebraica”, 1946. Tradotto in inglese col titolo “Portrait of the Antisemite”, questo in effetti il saggio è: una definizione dell’antisemita. E questo, nota Orwell, è il modo di pensare che “fonda” l’antisemitismo: “«L’Antisemita», Sartre sembra costantemente implicare, è sempre lo stesso tipo d’individuo, riconoscibile a prima vista e, se si può dire, perpetuamente all’opera”. Come “l’Operaio”, “il Borghese”, o “l’Ebreo (“«l’Ebreo» non è, anche lui, che una di questa varietà di insetti, e si potrebbe, sembra, riconoscerlo alla sua stessa apparenza”). Mentre, “se poco poco si studia la questione, si vedrà subito che l’antisemitismo è diffuso largamente, che non è limitato a nessuna classe in particolare, e soprattutto, con l’eccezione di alcuni casi estremi, è quasi sempre intermittente”.  
“Il problema è che, finché l’antisemitismo sarà considerato semplicemente come una sinistra aberrazione, quasi come un crimine, ogni individuo abbastanza istruito per averne sentito il nome pretenderà naturalmente di esserne esente”.

Bamboccioni – Sono i figli del Sessantotto – il loro dato più certo non è rilevato. Sovrastati da un’utopia che fu solo una felice congiuntura economica. Rifiutano la politica proprio dove tutto è politica, all’università, nella sanità, nella ricerca, nei media. Vittime di una purezza che è meno di un auspicio. Il testimone non è mai passato a loro. Non si sono presi l’università, per esempio, né la sanità, la ricerca, i media… Soprattutto non si sono presi la politica: la meteora di Letta è indicativa, il passaggio si fa dai settantenni ai trentenni.

I precari a vita sono i figli di quelli del Sessantotto. Di un’utopia che di dilettava del rifiuto del lavoro (dell’“integrazione”) perché il lavoro comunque era assicurato. Insieme con le pensioni, e un ottimo sistema sanitario nazionale. Ora che il lavoro “non c’è” – ma non “c’era” nemmeno prima per la verità, il lavoro si crea, non c’è - e l’ombrello previdenziale e assistenziale si è ridotto, gli stessi genitori sono propensi alla depressione.

Elite – L’unica cosa che resiste in Italia, nel terremoto che da un quarto di scolo travaglia la politica. Il sovvertimento non avviene per impulsi e con obiettivi democratici, ma tra grupi di potere. Al coperto di dubbi scudi mediatici, di banchieri e affaristi. L’opinione pubblica è palesemente prigioniera di questi gruppi d’interesse, che si possono annettere senza riserve la presunzione di rettitudine, capacità, intraprendenza, e grande intelligenza ovviamente, culturale e perfino filosofica – essendo la filosofia politica ridotta al giornalismo. Dei belli-e-buoni della Repubblica, che altrove, ormai da una dozzina d’anni, fanno invece professione di umiltà, in Germania soprattutto ma anche in Francia, di fronte alla rivolta dell’opinione pubblica. L’Italia si professa, nei media di queste élites, il laboratorio delle innovazioni politiche dell’Europa, ma allora nel senso del Grande Fratello o del “Truman Show”.

Internet – Subisce da qualche tempo una riflessione critica del tutto negativa. L’incredulità è connessa alle grandi scoperte: l’incertezza, la messa in dubbio. È anche un movimento di bascula che sempre col nuovo si ripropone: c’è entusiasmo, apertura di frontiere, orizzonti illimitati, e poi ripensamenti, delusioni. Per la rete è diverso perché gli interrogativi vengono dai suoi adepti: “Wired”, Giuliano Santoro, “Cervelli sconnessi”, Nicholas Carr, “Internet ci rende stupidi”, Lovink Geert, “Zero Comments”, “Internet non è un paradiso”, “Ossessioni collettive”, Dave Eggers, “The Circle”, Tyler Cowen, “Average is over”,  Jaron Lanier, il guru non disilluso ma limitativo.

Populismo – È difficile gabellare di populista l’elettorato inglese, e quindi Farage e la sua Ukip. Di euroscettico, sì, ma pieno di argomenti. Che nessuno si preoccupa di disinnescare. Anche il Front National non si può mettere da parte in Francia come fascista. Dopo la crisi economica, e la recessione che ancora imperversa in Italia, su indirizzo peraltro e anzi volontà della Ue, la crisi politica? O Syriza, il partito di sinistra greco, o Podemos, il movimento di sinistra spagnolo - oltre ai movimenti di destra in Grecia, in Germania e in Italia, con la Lega e lo stesso Grillo. Sarà un semestre durissimo per Renzi. Troppe mummie, non morte, anzi velenose.

Il flusso di un quarto del voto grillino sul Pd subitaneamente rivaluta la categoria: non è più populismo, è voto d’opinione. Il voto nobile, cioè, considerato, basato sulla campagna elettorale e la congiuntura politica. Mentre di fatto è un riflusso, è probabilmente lo stesso quarto di voto democrat che a febbraio 2013 era andato a Grillo – in aggiunta agli ex voto di Di Pietro, e alle nuove generazioni giovanissime di elettori. Oppure è una deriva populista che il Pd ha intrapreso? All’indegna del tutto è fattibile, se non per i soliti ignoti.
O la verità è quella che il solo Pagnoncelli, nell’alluvione di guru in tv, cioè un sondaggista (un esperto di marketing) e non uno scienziato politico, ha individuato ben precisa: che c’è un ondeggiamento pauroso in Italia, unico paese “occidentale”, tra i partiti e di partiti, che mutano, trasmutano, muoiono, si moltiplicano. Effetto, avrebbe potuto aggiungere, di un’opinione pubblica terroristica: media e giudici fanno a gara a tenere il paese in soggezione, nella paura e l’incertezza, per colpe non superiori né più nefande di quelle di altri paesi.

Categoria vecchia, peraltro indefinita. Per un mondo che è crollato. Di supponenza. D’incapacità.  Di un’ideologizzazione che si voleva precisa, coerente, “politica”, perché armata e in realtà confusa. È la cartina di tornasole che le rivela. Un fenomeno europeo, peraltro, forse legato alla decadenza, alla fine di una civiltà. Di un assetto sclerotizzato che la globalizzazione ha sconvolto. La globalizzazione che lEuropa si è dovuta acconciare a sostenere ma a cui non riesce ad adattarsi.  L’immigrazione di massa. Il lavoro sregolato, flessibile, precario. L’outsourcing, senza nessuna professione o competenza, giusto al ribasso. Il lavoro autonomo – il vecchio artigianato, ma senza le consorterie e le privative: il lavoro a tutti gli effetti pratici non è più contrattualizzato. La scomparsa del sindacato. La scomparsa dei partiti. Un mondo talmente sclerotizzato da argomentare che solo il Pd è un partito politico, che è un’assurdità.

Le piazze? Allora, le piazze sono di destra? E le manifestazioni faraoniche? E la piazza digitale? E quella mediatica, di cui il politicamente corretto si gloria? Talk-show scopertamente spettacolari, con vedettes, entrate, uscite, scalette rigide, battute scritte, e perfino gli applausi a copione.

Sovietismo – Si è voluto – si vuole – ecclesiastico, una fede. Orwell, avendolo incontrato dal vivo in Spagna, infido, traditore, lo assimilava a un bordello – alla francese: putain un jour, putain toujours. Lo assimilava alla convenienza, se non al piacere, di fare il male.

Twitter – Ci invecchia? L’hashtag ci vuole tutti sintetici, spiritosi, e più intelligenti. Tutti poeti o tutti filosofi. Tutti massime e riflessioni. Epigrammatici, apodittici, ultimativi, di saggezza, sapienza e spirito. Tutti traguardi di cui si gratifica(va) la terza età.

astolfo@antiit.eu

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