Un’epopea, come
vogliono le “celebrazioni”? Una carneficina – mass killing. Così Kipling la ritrasse in breve subito, in una lettera
al suo corrispondente francese Chevillard il 28 novembre 1915, delineando il
tratto marcante che la Grande Guerra introdusse, a opera della Germania. la
mancanza di misura:
“Sono stupefatto, non
avrei mai immaginato una nazione tutta intera in stato di orgasmo. (È una
nazione femmina). E attraverso tanto orrore inenarrabile e folle spunta a
coronarlo non so che di ridicolo e di provinciale. Non è una civiltà che mi sia
comprensibile. Non pretendo di aver amato la Russia venticinque anni fa, quando
minacciava l’India, ma amavo e capivo gli ufficiali russi; e l’idea russa,
almeno, era umana, tollerate, e infinitamente ricca e varia. (Vi ricorderete senza
dubbio del generale Alikhonoff, della straordinaria opera di assimilazione che
compì attorno a Tashkent negli anni 1880). Ma non vedo che cosa può proporci l’Idea tedesca a meno che non sia di marciare
a passo di parata attraverso una serie d’inferni filosoficamente costruiti,
dandosi per obiettivo di adorare se stessa per il clangore che fa con tutto il
suo affardellamento. Gli Arabi, almeno, offrivano la scelta tra l’Islam e la
Sciabola, ma l’Unno non ha che la sciabola per sola filosofia”.
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