giovedì 26 giugno 2014

La Kerneuropa sia italiana

La vera agenda europea dopo il voto del 25 maggio, dietro le nomine e l’allentamento dell’austerità economica,  è la Kerneuropa. Un concetto ormai vecchio di venti anni, enunciato peraltro, nel 1994, da due politici tedeschi, due cristiano-democratici, Wolfgang Schaüble, ministro delle Finanze dei gabinetti Merkel, e Karl Lamers. Ma di interesse precipuo dell’Italia: il nocciolo dell’Europa, attorno all’euro, dev’essere politico. E la politica che l’Europa necessita è federale. L’Italia deve lavorare a più federalismo e meno “assi”, tutti inevitabilmente a preponderanza tedesca, meno “lasciamo le cose come stanno”.
La Kerneuropa è anche nelle corde della scelta europeista del Vaticano. E del neo guelfismo europeo, innovatore, coraggioso, che Renzi dovrebbe interpretare. Se non si lascia travolgere dalla retorica etnica su cui è ripiegato nelle ultime settimane, i fiorini, i Medici, le repubbliche e i pricipati. E la strada, volendolo, sarebbe spianata dal connubio Merkel-Draghi: un presidente della banca centrale europea scelto dalla cancelliera come un “utile idiota” che ha invece rovesciato i rapporti di forza con la Bundesbank e Berlino. Nell’interesse, naturalmente, anche di Berlino.
Schaüble ha riproposto sul “Financial Times” tre mesi fa, il 27 marzo, insieme col cancelliere dello Scacchiere britannico Osborne, il suo vecchio programma. Con una lista dei benefici che Londra trarrebbe stando dichiaratamente, senza ambiguità, nel secondo livello europeo. La strada è dunque aperta per un regime sempre più federativo, che non si priverebbe del supporto della City, il maggiore mercato finanziario del mondo.
Il passaggio a una struttura politica e istituzionale di tipo federativo è l’unico mezzo per l’Italia di uscire dal nanismo politico a Bruxelles e in ogni istanza europea. Minoritaria. Inconsistente. Per un motivo o per l’altro sempre in quarantena. 

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