Un aureo
libretto, oggi più di attualità di venticinque anni fa, quando Salvatore S.
Nigro lo propose. Un filone di cultura, molto italico. Calcagnini, l’umanista cui
si deve il titolo, e Malespini, falsario di professione e plagiario, sono
Cinquecento, il gran secolo dell’Italia, Battista e Rossi puro Seicento, che fu
tutto e il contrario, lo svilimento dell’ingegnosità. Una miniera, tanto
spregiudicata da riuscire ammirevole.
L’accademico
Battista si diverte a classificare i falsi “normali”: la retorica, la
prospettiva (la pittura? “bugie di colori”), la poesia. Cioè tutto – lo dice
anche Platone, si difende Battista, “Repubblica”, libro 3: “La menzogna non si
addice agli dei, ma è utile ali uomini, anzi necessaria; e a tal punto che ce
ne serviamo come medicamento”.
Il
repertorio di Pio Rossi, “Un vocabolario per la menzogna”, autore dimenticato, dice
tutto. Da “Accusare” a “Uomo prudente”. La verità è della parola. Cioè un
fiato. Il verosimile inganna. La verità non è che una, le bugie molte..
“Chi vuol
accusare gli altri”, ha detto Rossi in apertura, “deve prima esser egli stesso
puro e innocente”. La compilazione si apre col primo dei quattro trattatelli dell’
“Elogio della menzogna”, una “Descrizione del silenzio”. Rossi conclude: “Il pazzo, tacendo, è
reputato savio”.
Celio Calcagnini,
Celio Malespini, Giuseppe Battista, Pio Rossi, Elogio della menzogna
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