Molto “meridionale”, da stereotipo: ribellistico,
inconcludente, confusionario, lamentoso. Andrea Di Consoli dice tutto nella
prefazione, alla prima pagina: il rifiuto, la fuga come salvezza (alla Rai?),
la nostalgia. Eccetto questo, certo per amicizia.
“Sud è eterno ritorno alla possibilità di andare via”, lo
spiritaccio non manca, ma annegato nella melassa. Leggere questo primo Mellone dop,
il Mellone poeta del nostos, non il
sociologo di questo “Addio al Sud”, che è in realtà un ritorno, dopo il sequel “Meridione e rotaia”, dà un senso
di pieno, da reflusso. Uno molto di destra, “fottutissimo nazionalista ottuso” e
tutto, volontario in petto della
repubblica di Mussolini, qui ancora legato a editrice di nome jüngeriano, è
molto più corrivo degli estremisti di sinistra, così bello e così buono.
È il destino delle diaspore, di piangersi addosso. Il
nomadismo è la condizione dei molti: adottati, emigrati, per bisogno o per
scelta, girovaghi, zingari, latitanti. La dromomania. La diaspora è il
nomadismo degli scontenti: fuggire per tornare, tornare per fuggire, e piangersi.
Mellone la pratica da principe degli studi, e dirigente Rai (Altafiumara, Punta Prosciutto…).
Il Sud “la storia di un’assenza”? Il Sud è ingombrante,
molto. Il mondo è fatto così, Mellone stesso lo sa, che gli albanesi della “Vlora”
nel 1991 sono accuditi, ripuliti e sfamati dalla città di Bari. Mentre San
Marzano, paese di albanesi antichi immigrati, li “accomoda fuori le mura, a
latitare nelle campagne”. Mai fidarsi, confidare.
Angelo Mellone, Addio al Sud, Irradiazioni, pp. 64 € 8
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