C’è una partita
Marchionne-Merkel (che questo sito - roba da non credere - ha l’esclusiva di avere segnalato, un mese fa, http://www.antiit.com/2014/05/marchionne-vs-merkel.html ) che data dal 2008, quando il governo tedesco nemmeno aprì la
pratica Fiat per il salvataggio della Opel. L’Europa funziona così, e non c’è
scandalo – solo in Italia si dice e si fa pensare che “siamo tutti europei”,
cioè pecoroni. Ma non è questa la partita in gioco: Fiat-Chrysler vuole
entrare nei segmenti alti del mercato dell’auto, quelli presidiati nel mondo
dalle case tedesche, e questa sì, è una partita: la Germania non può impedirla
e anzi la teme, malgrado le ironie dei suoi giornalisti.
Lo stesso Marchionne a
Trento ha voluto fare il tedesco: faremo in cinque anni, ha detto, un modello
Alfa Romeo più bello e conveniente di ogni modello Bmw. La partita è tutta da
giocare. E quindi è possibile – come i giornalisti targati Volkswagen insinuaono
– che Marchionne bluffi. Ma l’ad di Fiat-Chrysler ha con sé un fatto: ha reso
la Chrysler in pochi mesi un gioiello che la Mercedes in dieci anni aveva
ridotto al fallimento, depauperandola di ogni tecnologia. E ha dalla sua anche
il quadro d’assieme: l’immagine del buon prodotto tedesco non è comprovata
perché non è mai stata contestata – non è stata vista, volendo restare al
poker. Volkswagen per esempio paga dividendi e premi di produzione stratosferici
pur producendo e vendendo, come tutti, in perdita in Europa – cioè per metà della
sua produzione globale, Cina e Brasile compresi. Nei bilanci Volkswagen non ci
poté guardare neanche Monti, quando era commissario alla Concorrenza a
Bruxelles - senza scandalo.
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