giovedì 12 giugno 2014

Montale, snobismo e gelati sciolti a Capo d’Orlando

Il testo lungo del titolo è un abbozzo teatrale, anzi melodrammatico, in forma di note di regia. Il poeta scandisce la sua rappresentazione come più tardi si sarebbe fatto con la tecnica del video, carrellata dopo carrellata. Tutto artigianale, poco professionale. L’esequie della luna s’immagina della nobiltà, di rango e di spiriti, tra “quarti lunari” e accademie d’araldica. Tutto in forma sempre di prosa d’arte, preziosa, nulla dev’essere spontaneo nella letteratura del barone, sia pure per finta – che nelle lettere  coeve è invece spiccio e preciso. Un’eco sensibile e insieme remota generando, di un mondo che fu. Ma già nello squallore.
Prose brevi le altre, poemi in prosa. Di sogni possibili, o lego di immagini. “L’assedio silenzioso della solitudine” domina. Specie per chi la privilegia: la casona dei Piccolo a Capo d’Orlando il giorno dopo si ricorda per i soffitti altissimi, e gli ambienti spogli, trascurati, residui, essi stessi un’interminabile lenta fine. Misantropica per vanità (snobismo), la sola consistenza – si può dire di questa nobiltà gattopardesca che il suo principio era la sua fine.
Un abbozzo del “Giardino delle Esperidi”, tragedia in versi, chiude la raccolta. Sempre alata. Seppure, se Dio vuole, con qualche caduta di stile: Eracle “tanta pena e tanta fatica” si dà “perché i pallidi aedi e il popolo credulone vogliono così”, un Eroe che parla come tutti – “le ninfe che danzano sempre” gli “sembrano pesci”, che puzzano come si sa. Ma la tragedia in versi, pare a lungo inseguita, tutta la vita, sfugge al barone.
Il filone Pascoli-Montale inghirlandato alla siciliana. Quel misto compiaciuto di barocchismo, cassate da indigestione, chissà perché sempre a opera di suore, e pezzi duri sciolti. Una maniera da guida turistica, di terza mano. Lucio Piccolo è l’autore di un solo libro, “Canto barocco”, che ha già molto più dei suoi sessant’anni.
Lucio Piccolo, L’esequie della luna, Scheiwiller, remainders, pp. 91 € 2,58

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