Più che Milano fa paura
la “legge”, questa giustizia. Il modo di concepirla e il suo ordinamento. Lo
stesso giorno in cui il Csm ha preannunciato la sua astensione, un Tribunale ha
condonato la pena a un generale dei Carabinieri perché il poveretto, in
vent’anni di processo, aveva già “scontato la sua pena”. Roba da non credere: non
si vorrebbe considerare i giudici iniqui a tal punto.
E tuttavia non c’è via
di fuga. I giudici sono un apparato fascista, dagli ermellini alle eccellenze,
ai privilegi, alle impunità. Sono legati al sottogoverno, ne sono anzi la
peggiore specie: litigiosa, avida. Guadagnano troppo, e non vogliono limiti.
Sono neghittosi: lavorano poco o niente, e di preferenza male. Alcuni di loro
lavorano, ma la maggioranza no. Si sono appropriati la giustizia, e da questo
punto di forza presiedono alle peggiori turpitudini: scandali a senso unico, indagini,
denunce e sentenze politiche, corruzioni scoperte non denunciate e abbuonate,
favoritismi in carriera, ritardi, inadempienze. Autori o paraninfi delle vicende più nere
dell’Italia, da Piazza Fontana a Paolo Baffi, Mani Pulite e la corruzione
dilagante.
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