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domenica 20 luglio 2014

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (213)

Giuseppe Leuzzi

Il mare è inquinato ma Paolo Ermini ci tiene a spiegare sul “Corriere della sera-Firenze” che è errato dire la Versilia inquinata. È errato dire Versilia il litorale del Cinquale, del Poveromo, dei Ronchi al Nord, quello è Costa (o Riviera) Apuana, né Camaiore o Viareggio al Sud: Versilia è “Pietrasanta, che ne è da secoli il capoluogo, Forte dei Marmi, Seravezza e Stazzema”. Ma soprattutto Ermini ce l’ha con “l’osmosi verso Sud”. È la parola che è insopportabile.

Il divorziato permanente “è ora”, nella categorizzazione degli uomini che la scrittrice tedesca di Fine Ottocento Franziska zu Reventlow fa nei “Piccoli amori”, alla teoria razziale: “Ritiene che la colpa dei suoi matrimoni falliti sia da imputare alla cattiva razza delle sue compagne. E per questo vuole studiare più da vicino le donne di pura razza nordica”. Reventlow, poiché è di sé che parla, nata in Schleswig-Holstein, con un’antenata regina di Danimarca, non è di razza abbastanza “pura”.

Arrivati all’inchino a Scido, per san Biagio, è chiaro che c’è qualcosa sotto. Inchino a chi? A Scido, borgo minuscolo e sempre civilissimo, non ci sono mafiosi. E san Biagio non va in processione, il due o tre febbraio fa troppo freddo.

Il “Corriere della sera” si tira su con la Calabria
Siamo quasi a fine luglio e Gian Antonio Stella non ha esercitato l’invettiva contro i 100 in Calabria. Non li danno più?
È vero che è stato occupato con altre prime pagine contro la Calabria. Roba da inorgoglirsi. Se la Prima Firma del “Corriere della sera” fa l’opinione, e il giornale vende copie, parlando della Calabria, sia pure male, mentre ci sono un paio di guerre alle frontiere, si muore a dozzine nei barconi, e si rubano decine e centinaia di milioni, se non miliardi, verrebbe da pensare che la Calabria non è tanto male. Si veda come nascono queste prime pagine.
È la riunione redazionale meridiana di un giorno qualsiasi di metà luglio.
Il direttore De Bortoli sbuffa: - Ancora questa Expo, non se ne può più.
Stella: - Il consiglio regionale della Calabria non vuole sciogliersi.
Oppure: - La ministra Lanzetta, a “Tutta la città ne parla”, la valorosa trasmissione di Giorgio su Radio3, ha usato sette volte la parola “intelligibile”.
De Bortoli: - Cioè con due gg? 
Noi non ci siamo ma è così che nasce un giornale.
Stella – Magari con una g ma non sa dire altro.
De Bortoli: - E il Mosè, non riusciamo a liberarcene?
Stella: - Ci sarebbero le processioni mafiose.
De Bortoli: - Ma anche quelle… non ci sono immagini, solo della prima, sempre le stesse.
Stella: - Beh, c’è la Asl di Vibo Valentia.

Sicilia
Salvatore e Rita Borsellino, ricordando a Palermo la morte del fratello Paolo, si fanno fotografare con Massimo Ciancimino. Che s’è fatto tatuare sull’avambraccio sinistro, per esibirla nelle foto, la data dell’eccidio, e altri segni non decifrabili, ma evidentemente legati al sacrificio del giudice, su altre parti in vista del corpo. E non si sa che pensare. Parenti serpenti?

La manifestazione per Borsellino era del Pd siciliano. A cui Borsellino non appartiene – era uomo di destra. Ma non si  poteva cortocircuitare Ciancimino? La Sicilia è certamente fuori ordinanza, Gödel avrebbe avuto difficoltà a trovarle una dimensione, per quanto fosse abile a moltiplicarle.

Per comodità, nel romanzetto “Piccoli amori”, l’amante lascia l’amata, la narratrice, “a uno dei suoi numerosi e singolari amici stranieri che sta a Roma”, detto “il Siciliano”. Franziska zu Reventlow, la narratrice, dice che il soprannome deriva dal molto tempo che l’amante ha trascorso in Sicilia, il lignaggio e la nascita essendo incerti. Ma poi ne fa il siciliano per antonomasia: galante, bell’auto, autista, baciamani, fiori, assedi, debiti, progetti, una “furia”, che al terzo giorno è già stanco, e lo zio presto richiama a impalmare la cugina cui è stato fidanzato. I cliché sono stagionati.

Il “larario” di Heius a Messina, attesta Cicerone, la collezione domestica di immagini votive, aveva un Cupido di Prassitele, un Ercole di Mirone, e due Cnephorae, le “portatrici di cesto” (dell’abbondanza) nelle processioni greche. Messina ebbe anche una delle prime università italiane. Oggi Messina, dovendosene occupare perché Nibali vince il tour, e una professoressa di Chimica boccia gli studenti, sembra un nome esotico.

Di Nibali al Tour la “Gazzetta dello Sport” finalmente si accorge il giorno in cui, alla conferenza stampa, i suoi giornalisti e altri insistono per dirlo dopato. Premette che Nibali è il ciclista che fa più controlli antidoping, ma giusto per evitare le querele. I suoi giornalisti (che magari saranno siciliani) hanno difficoltà a celebrare lo scalatore: non fanno che rinfacciargli Armstrong.
Dopo le tappe alpine lo “scopriranno”, ma gufando.

“Dottrinarismo saraceno” fu infine la filosofia di Gentile per Gobetti, già gentiliano. Sul tema della scuola, proprio quello sul quale Gobetti aveva con più entusiasmo condiviso in un primo tempo l’approccio aristocratico (“formativo”) gentiliano: “Gentile ha imposto un abito lugubre, clericale, bigotto,un dottrinarismo saraceno”.
Gobetti era molto “noi e loro”, per la differenza, se non per il leghismo Benché critico della scarsa democrazia del Risorgimento, i torinesi voleva distinti dai lombardi, senza neppure considerare i meridionali, benché la filosofia e la filosofia politica fossero allora napoletane.

“Una tragedia in Sicilia” di Hebbel, che non si rappresenta, non in Italia, e nemmeno si traduce (”Ein Trauerspiel in Sizilien”, 1848) è a proposito di una “fuitina” d’amore, per una matrimonio poi obbligato contro il parere delle famiglie, finita male. La ragazza che scappa di casa arriva tropo presto all’appuntamento col promesso. Sul posto trova due  gendarmi, che la derubano dei gioielli e la uccidono. E quando arriva il promesso lo imbrattano del sangue della ragazza e lo portano dal podestà per farlo condannare. Forse non si rappresenta perché non sembra inventata.

Hebbel assicura che la storia gli fu raccontata a Napoli nel 1945 una sera al caffè da un commesso viaggiatore appena sbarcato da Palermo. Anche questo non sembra inverosimile.

Si celebrano i trent’anni della “scoperta” del Nero d’Avola. Il vino di pronta bevuta forse oggi più diffuso, più del Chianti. Si dice scoperta perché prima l’uva d’Avola veniva venduta alla tonnellata per tagliare i vini pallidi del Nord. E anche perché di una scoperta si tratta, le proprietà del Nero essendo state decifrate e canonizzate da un enologo piemontese, Giacosa.

All’epoca Giacosa lavorava per il duca di Salaparuta. Le vigne siciliane erano all’epoca, quando non rendevano, della famiglie siciliane. Ora, messi in valore, i vigneti appartengono quasi tutti a investitori veneti e lombardi.

L’addizionale pro Lombardia
Nel 1951, in autunno, il presidente Einaudi firmava l’addizionale pro Calabria. Una tassa che fu levata nel nome della Calabria, per prevenire le alluvioni, di cui la Calabria non beneficiò, se non per cifre irrisorie. Ma è vero che da allora le alluvioni rovinose, malgrado il regime irregolare, torrentizio delle fiumare, e gli abusi “naturali” in Calabria, sono praticamente scomparse.
Qualche mese prima, l’11 aprile, il presidente Einaudi aveva firmato un provvedimento di ben altro impegno per regolare le acque che dalla Brianza, Varese e Como scendono su Milano. Un bacino imbrifero di 1.200 kmq., attorno ai fiumi Lambro, Olona e Seveso, che tutti convergono su Milano, e in parte vi scorrono interrati. Una bomba ad altissimo potenziale in attesa di innesco.
Per prevenire la catastrofe, il governo De Gasperi promosse il provvedimento dell’11 aprile. Dettagliato, questo, e giustamente ambizioso. Prevedeva un canale di deflusso (“scolmatore”) a Nord-Ovest, uno a Nord-Est, e uno del Seveso. Tutto finanziato, senza bisogno di un’addizionale speciale pro Lombardia, Che però i soldi se li è spesi altrove.
Si sono così avuti tre o quattrocento allagamenti di Milano Nord. Quelli censiti sono di tutto rispetto: quello dell’8 luglio è stato il centonovesimo dal1976, il quattordicesimo negli ultimi 48 mesi, e il secondo in due settimane. Praticamente, ogni volta che piove – dell’ultima alluvione Legambiente dice: “Sono caduti 61 millimetri di poggia e quindi non è un nubifragio”. L’8 luglio l’acqua ha occupato da Niguarda fino alla stazione Garibaldi.

Il record è dell’ottobre 1976: il Seveso straripò il 3, il 13 e il 30 ottobre. Ma luglio non è ancora finito.

leuzzi@antiit.eu

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