Il
mare è inquinato ma Paolo Ermini ci tiene a spiegare sul “Corriere della
sera-Firenze” che è errato dire la Versilia inquinata. È errato dire Versilia
il litorale del Cinquale, del Poveromo, dei Ronchi al Nord, quello è Costa (o
Riviera) Apuana, né Camaiore o Viareggio al Sud: Versilia è “Pietrasanta, che
ne è da secoli il capoluogo, Forte dei Marmi, Seravezza e Stazzema”. Ma
soprattutto Ermini ce l’ha con “l’osmosi verso Sud”. È la parola che è
insopportabile.
Il
divorziato permanente “è ora”, nella categorizzazione degli uomini che la
scrittrice tedesca di Fine Ottocento Franziska zu Reventlow fa nei “Piccoli amori”,
alla teoria razziale: “Ritiene che la colpa dei suoi matrimoni falliti sia da
imputare alla cattiva razza delle sue compagne. E per questo vuole studiare più
da vicino le donne di pura razza nordica”. Reventlow, poiché è di sé che parla,
nata in Schleswig-Holstein, con un’antenata regina di Danimarca, non è di razza
abbastanza “pura”.
Arrivati
all’inchino a Scido, per san Biagio, è chiaro che c’è qualcosa sotto. Inchino a
chi? A Scido, borgo minuscolo e sempre civilissimo, non ci sono mafiosi. E san
Biagio non va in processione, il due o tre febbraio fa troppo freddo.
Il “Corriere
della sera” si tira su con la Calabria
Siamo
quasi a fine luglio e Gian Antonio Stella non ha esercitato l’invettiva contro i
100 in Calabria. Non li danno più?
È
vero che è stato occupato con altre prime pagine contro la Calabria. Roba da
inorgoglirsi. Se la Prima Firma del “Corriere della sera” fa l’opinione, e il
giornale vende copie, parlando della Calabria, sia pure male, mentre ci sono un
paio di guerre alle frontiere, si muore a dozzine nei barconi, e si rubano
decine e centinaia di milioni, se non miliardi, verrebbe da pensare che la
Calabria non è tanto male. Si veda come nascono queste prime pagine.
È
la riunione redazionale meridiana di un giorno qualsiasi di metà luglio.
Il
direttore De Bortoli sbuffa: - Ancora questa Expo, non se ne può più.
Stella:
- Il consiglio regionale della Calabria non vuole sciogliersi.
Oppure:
- La ministra Lanzetta, a “Tutta la città ne parla”, la valorosa trasmissione
di Giorgio su Radio3, ha usato sette volte la parola “intelligibile”.
De
Bortoli: - Cioè con due gg?
Noi
non ci siamo ma è così che nasce un giornale.
Stella
– Magari con una g ma non sa dire altro.
De
Bortoli: - E il Mosè, non riusciamo a liberarcene?
Stella:
- Ci sarebbero le processioni mafiose.
De
Bortoli: - Ma anche quelle… non ci sono immagini, solo della prima, sempre le
stesse.
Stella:
- Beh, c’è la Asl di Vibo Valentia.
Sicilia
Salvatore
e Rita Borsellino, ricordando a Palermo la morte del fratello Paolo, si fanno
fotografare con Massimo Ciancimino. Che s’è fatto tatuare sull’avambraccio
sinistro, per esibirla nelle foto, la data dell’eccidio, e altri segni non
decifrabili, ma evidentemente legati al sacrificio del giudice, su altre parti
in vista del corpo. E non si sa che pensare. Parenti serpenti?
La
manifestazione per Borsellino era del Pd siciliano. A cui Borsellino non
appartiene – era uomo di destra. Ma non si
poteva cortocircuitare Ciancimino? La Sicilia è certamente fuori
ordinanza, Gödel avrebbe avuto difficoltà a trovarle una dimensione, per quanto
fosse abile a moltiplicarle.
Per
comodità, nel romanzetto “Piccoli amori”, l’amante lascia l’amata, la
narratrice, “a uno dei suoi numerosi e singolari amici stranieri che sta a
Roma”, detto “il Siciliano”. Franziska zu Reventlow, la narratrice, dice che il
soprannome deriva dal molto tempo che l’amante ha trascorso in Sicilia, il lignaggio
e la nascita essendo incerti. Ma poi ne fa il siciliano per antonomasia:
galante, bell’auto, autista, baciamani, fiori, assedi, debiti, progetti, una
“furia”, che al terzo giorno è già stanco, e lo zio presto richiama a impalmare
la cugina cui è stato fidanzato. I cliché
sono stagionati.
Il “larario”
di Heius a Messina, attesta Cicerone, la collezione domestica di immagini
votive, aveva un Cupido di Prassitele, un Ercole di Mirone, e due Cnephorae, le “portatrici di cesto”
(dell’abbondanza) nelle processioni greche. Messina ebbe anche una delle prime
università italiane. Oggi Messina, dovendosene occupare perché Nibali vince il
tour, e una professoressa di Chimica boccia gli studenti, sembra un nome
esotico.
Di
Nibali al Tour la “Gazzetta dello Sport” finalmente si accorge il giorno in
cui, alla conferenza stampa, i suoi giornalisti e altri insistono per dirlo
dopato. Premette che Nibali è il ciclista che fa più controlli antidoping, ma
giusto per evitare le querele. I suoi giornalisti (che magari saranno
siciliani) hanno difficoltà a celebrare lo scalatore: non fanno che
rinfacciargli Armstrong.
Dopo
le tappe alpine lo “scopriranno”, ma gufando.
“Dottrinarismo
saraceno” fu infine la filosofia di Gentile per Gobetti, già gentiliano. Sul
tema della scuola, proprio quello sul quale Gobetti aveva con più entusiasmo condiviso
in un primo tempo l’approccio aristocratico (“formativo”) gentiliano: “Gentile
ha imposto un abito lugubre, clericale, bigotto,un dottrinarismo saraceno”.
Gobetti
era molto “noi e loro”, per la differenza, se non per il leghismo Benché
critico della scarsa democrazia del Risorgimento, i torinesi voleva distinti
dai lombardi, senza neppure considerare i meridionali, benché la filosofia e la
filosofia politica fossero allora napoletane.
“Una
tragedia in Sicilia” di Hebbel, che non si rappresenta, non in Italia, e
nemmeno si traduce (”Ein Trauerspiel in Sizilien”, 1848) è a proposito di una
“fuitina” d’amore, per una matrimonio poi obbligato contro il parere delle
famiglie, finita male. La ragazza che scappa di casa arriva tropo presto all’appuntamento
col promesso. Sul posto trova due
gendarmi, che la derubano dei gioielli e la uccidono. E quando arriva il
promesso lo imbrattano del sangue della ragazza e lo portano dal podestà per
farlo condannare. Forse non si rappresenta perché non sembra inventata.
Hebbel
assicura che la storia gli fu raccontata a Napoli nel 1945 una sera al caffè da
un commesso viaggiatore appena sbarcato da Palermo. Anche questo non sembra
inverosimile.
Si
celebrano i trent’anni della “scoperta” del Nero d’Avola. Il vino di pronta bevuta
forse oggi più diffuso, più del Chianti. Si dice scoperta perché prima l’uva d’Avola
veniva venduta alla tonnellata per tagliare i vini pallidi del Nord. E anche perché
di una scoperta si tratta, le proprietà del Nero essendo state decifrate e
canonizzate da un enologo piemontese, Giacosa.
All’epoca
Giacosa lavorava per il duca di Salaparuta. Le vigne siciliane erano all’epoca,
quando non rendevano, della famiglie siciliane. Ora, messi in valore, i vigneti
appartengono quasi tutti a investitori veneti e lombardi.
L’addizionale pro
Lombardia
Nel
1951, in autunno, il presidente Einaudi firmava l’addizionale pro Calabria. Una
tassa che fu levata nel nome della Calabria, per prevenire le alluvioni, di cui
la Calabria non beneficiò, se non per cifre irrisorie. Ma è vero che da allora
le alluvioni rovinose, malgrado il regime irregolare, torrentizio delle
fiumare, e gli abusi “naturali” in Calabria, sono praticamente scomparse.
Qualche
mese prima, l’11 aprile, il presidente Einaudi aveva firmato un provvedimento
di ben altro impegno per regolare le acque che dalla Brianza, Varese e Como
scendono su Milano. Un bacino imbrifero di 1.200 kmq., attorno ai fiumi Lambro,
Olona e Seveso, che tutti convergono su Milano, e in parte vi scorrono
interrati. Una bomba ad altissimo potenziale in attesa di innesco.
Per
prevenire la catastrofe, il governo De Gasperi promosse il provvedimento dell’11
aprile. Dettagliato, questo, e giustamente ambizioso. Prevedeva un canale di
deflusso (“scolmatore”) a Nord-Ovest, uno a Nord-Est, e uno del Seveso. Tutto
finanziato, senza bisogno di un’addizionale speciale pro Lombardia, Che però i
soldi se li è spesi altrove.
Si
sono così avuti tre o quattrocento allagamenti di Milano Nord. Quelli censiti
sono di tutto rispetto: quello dell’8 luglio è stato il centonovesimo dal1976,
il quattordicesimo negli ultimi 48 mesi, e il secondo in due settimane. Praticamente,
ogni volta che piove – dell’ultima alluvione Legambiente dice: “Sono caduti 61
millimetri di poggia e quindi non è un nubifragio”. L’8 luglio l’acqua ha
occupato da Niguarda fino alla stazione Garibaldi.
Il
record è dell’ottobre 1976: il Seveso straripò il 3, il 13 e il 30 ottobre. Ma
luglio non è ancora finito.
leuzzi@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento