Anche
monoteismo, la parola, viene con un significato negativo per la vera fede: di
chi crede che Dio sia il mondo. Come dire: monoteista è l’ateo. E dunque
Bettini si diverte con le definizioni e attribuzioni, il lettore meno, poiché a
nessun costrutto. Tanto più che il politeismo è anche della chiesa di Roma, a
leggere il “Catechismo” come lo legge Bettini. Un esercizio circolare in
filologia – per attestarne la superfluità?
Programmaticamente
sì, ideologicamente, ma di fatto ci sono più connessioni che cesure fra i
politeismi e i monoteismi, con tutti i loro angeli, diavoli, ginn, santi,
madonne. La Madonna in particolare, si sa, che in molte rappresentazioni ripete
tal qual antiche divinità, immagini o idee del divino, l’accoglienza, la madre
terra (fertilità), il melograno (fertilità), il bambino esposto, perfino la
polimastia, la promessa, la consolazione. Bettini stesso del resto lo dice: politeismo,
paganesimo, idolatria sono denominazioni avversative, posticce. Né l’intolleranza
è monoteista. Era già romana, con le restrizioni e le persecuzioni ai culti di
Iside, Serapide, Bellona, e ai Bacchanalia. I cristiani furono perseguitati perché la tradizione era di controllo politico dei culti, e quindi di intolleranza.
L’unico
problema resta quello da cui Bettini muove, e che lo rianima nel corso della
trattazione: se fare il presepe in una classe interculturale, di bambini italiani
e di altre lingue. Di cui gli sfugge la sostanza: che non è la religione – che
se ne fa la chiesa, una qualsiasi confessione, del presepe (come di Babbo
Natale – san Nicola? - o dell’albero)? È
una festa e una tradizione. Una festa della tradizione, una delle tante che
celebriamo per riconoscerci e rigenerarci. O dobbiamo cancellarci? La filologia
dissecca? E che ne direbbero gli immigrati se non ci trovassero?
Curiosi
i sottintesi. Se dobbiamo cancellarci, che cosa offriamo ai poveri immigrati
che hanno riparato da noi per stare meglio? E perché gli immigrati dovrebbero
essere poveri e disadattati? Bettini ha mai frequentato una famiglia di
islamici, di indù, di sikh, di yoruba? Un filologo non dovrebbe avere problemi
a riscontrare le scorrettezza, a volte gravi, del politicamente corretto, delle
buone intenzioni, degli autoeletti belli-e-buoni della Repubblica
Maurizio
Bettini, Elogio del politeismo, il
Mulino, pp. 155 € 12
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