L’euro è
l’euromarco, una moneta estera. L’Italia, che si era dato l’euro come traguardo
e insieme come criterio di politica monetaria, sotto la regia flessibile di
Paolo Baffi, vi è approdata col criterio sbagliato di Ciampi e Draghi, del
vincolo esterno inamovibile. Sottomettendosi alla Germania e alla Bundesbank
ben oltre le loro lecite aspettative
Rileggendo le clausole di Maastricht e dell’euro si resta stupefatti
come esse ricalchino le più indifendibili idiosincrasie della Bundesbank.
Compreso l’euro a due marchi invece che a uno,
che ha raddoppiato d’un colpo il livello dei prezzi, e ha fatto balzare l’euro
da 0, 85 a 1,40 sul dollaro. Mettendo fuori mercato globale la Ue. A meno di
non stroncare il costo del lavoro e le retribuzioni, come ha fatto la Germania nel
2006, a fronte di una disoccupazione mai inferiore ai quattro milioni di
lavoratori.
martedì 15 luglio 2014
Appesi da Ciampi e Draghi all’euromarco
Aumentano
le tasse, la spesa si taglia, aumenta il debito. Non c’è logica? Certo che c’è,
non si può dire ma c’è: non si può ridurre un debito ancorato a una moneta
estera, a cambio fisso, si può solo fallire. Come è successo ultimamente a
Argentina, Messico, Russia, e altri minori. La Grecia e il Portogallo lo hanno
evitato, ma sarebbe stato meglio, ritengono ora, se fossero falliti: una parte
del debito non l’avrebbero pagato, una parte l’avrebbero consolidata a scadenze
lunghe, e ora sarebbero stati liberi al decollo, invece che sotto inamovibile
jugulazione.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento