sabato 26 luglio 2014

Come far fallire una buona Opera

Come da prassi, ha imputato l’imputabile alla passata gestione. Ma ora si trova a dover chiedere il fallimento, prigioniero del profondo rosso che ha messo nel conto. Di un teatro d’opera, l’Opera di Roma, che nei precedenti tre anni aveva prodotto stagioni memorabili, le migliori di tutta la produzione italiana, orchestra, coro e direzione artistica tutti di ottimo livello. Coi riconoscimenti di Milano, e di piazze esigenti all’estero, in Germania e in Giappone.
Non un genio, si direbbe questo amministratore, e invece è l’unico che non si contesta. Carlo Fuortes, manager a Roma di tutta la cultura che sia gestibile, per conto del partito Democratico, non ammette l’errore e anzi attribuisce il fallimento ai dipendenti fannulloni, e soprattutto alla Cgil. Non è l’unica stranezza di questa crisi.
Il sindaco Marino, che ha voluto l’Opera per lo spoil system, per motivi politici, e all’Opera ci ha messo Fuortes, è un fan del fallimento: “È la soluzione migliore”, dice. Da non credere ma lo dice.
La terza stranezza, non minore, è l’accanimento della stampa romana che conta, il “Messaggero” e le cronache romane del “Corriere della sera” e di “Repubblica”, contro l’Opera e a favore della gestione fallimentare. Se è  solo per conformismo politico, allora questo è grave. Ed è il conformismo dei giornalisti o dei padroni dei giornali?

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