Il primo
ministro finlandese Katainen si è dimesso per fare il commissario europeo agli
Affari Economici, al posto di Olli Rehn. Non per cinque anni ma per cinque
mesi, anzi meno, forse due o tre, il tempo che manca per completare il mandato
di Olli Rehn, eletto al Parlamento e quindi dimissionario, fino alla nomina in
autunno della nuova Commissione quinquennale. Katainen, insomma, ci mette il
cappello, come se l’incarico fosse nazionale e non alla persona.
Meglio
Bruxelles che Helsinki? L’ironia è facile, al raffronto con gli italiani. Che
sogliono – solevano, ora nessuno li chiama più a Bruxelles – lasciare la
Commissione per una poltrona, anche minima, a Roma. Ma c’è qualcosa che non
quadra. Katainen, come Rehn, sono mandatari di Berlino. Hanno per questo, non
per essere finlandesi, il posto assicurato alla gestione dell’Economia.
La
ridicola staffetta Katainen-Rehn non è isolata. È il caso anche di Juncker. Che
è candidato alla presidenza della Commissione dal partito Popolare. Che è il
partito di maggioranza relativa all’Europarlamento. Ma è stato per otto anni, fino
al 2012, alla presidenza dell’Eurogruppo, il portavoce di Berlino. E per i
precedenti venticinque anni, da ministro delle Finanze e poi premier del granducato
del Lussemburgo, ne ha fatto un paradiso fiscale, il più rigido e “garantista”,
più della Svizzera o l’Austria.
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