Tutti accusano tutti nella Procura.
Di favoritismi nell’assegnazione delle inchieste e nelle carriere. Tutti
allegramente ignoranti del principio costituzionale del giudice naturale. Un‘ignoranza
che è un delitto, benché la copra il Quirinale d’autorità - nel presupposto che
quei Procuratori siano del partito del Presidente, mentre non sono che
maneggioni.
A fronte dei galli smaniosi in Procura
al piano alto, ai piani bassi del palazzo di Giustizia friggono risentimenti
ormai ventennali. I giudici non boicottano più la Procura, come per alcuni anni
fecero per difendersi. Non si fa carriera contro l’impunita e impunibile cupola
della Procura, e il Tribunale si adegua: i giudizi sono sempre in linea con le
richieste della Procura. Ma il risentimento resta: chiunque ha da fare col Tribunale,
anche di sfuggita, lo avverte, nei sarcasmi, le insofferenze, la mestizia.
I giudici giudicanti hanno
risentito molto l’appropriazione degli spazi che la Procura fece al tempo di
Borrelli, vent’anni fa. Con suite per i capi, bagni faraonici per tutti, spazi
ampi con fioriere per i sostituti Procuratori, e corsie privilegiate, quasi
salottini, per i cronisti giudiziari, confidenti dell’uno e dell’altro. Nonché
le carriere fulminee, privilegiate, che la Procura garantiva. Col tempo, con la
conferma dello strapotere della Procura, le critiche si sono attutite, ma non i
rancori. Delle liti in Procura si ride, fra i giudici, anche al bar.
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