I due
maggiori processi a Berlusconi, celebrati attraverso i giornali, si sono
conclusi con due assoluzioni. Senza se, senza ma e senza prescrizioni. Quello anticipato
nel 1994 dal Procuratore Capo di Milano Borrelli al direttore del “Corriere
della sera” Mieli. E quello anticipato il 26 ottobre 2011 (dalla Questura di
Milano?) al “Fatto Quotidiano”. Milioni di pagine di deprecazione, invettive,
lazzi, e niente. Berlusconi resta condannato per una questione marginale. Nella
quale la sua azienda ha fatto molto meno intrallazzi che la Rcs Vdeo o la Rai.
Ammesso che sia colpevole: le giudici che lo hanno condannato a Milano, e
quello di Cassazione che si è appropriata la decisione finale, uno della
famiglia Esposito, non sono persone affidabili.
C’era la
volontà recondita di farne un martire? È da escludere. C’è solo l’incapacità di questa giustizia. Neghittosa, e per questo onorata. Per una sorta di snobismo:
meno faccio, più sbaglio, e più sono importante. Che è incongruo, e sarebbe
impossibile, se questi giudici non fossero i confidenti dei cronisti
giudiziari. Che sono – erano – i meno considerati della professione giornalistica,
gente da trivio, da angiporti e questure.
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