Questa
“Tragedia in Sicilia”, che non si è mai rappresentata in oltre un secolo e
mezzo (è del 1848), non in Italia, e nemmeno si traduce, è a proposito di una
“fuitina”. Concordata tra gli innamorati per un matrimonio poi obbligato contro
il parere delle famiglie, e finita male. La ragazza che scappa di casa arriva
troppo presto all’appuntamento col promesso. Sul posto trova due gendarmi, che la derubano dei gioielli e la
uccidono. E quando arriva il promesso lo imbrattano del sangue della ragazza e
lo portano dal podestà per farlo condannare. Forse il dramma non si rappresenta
perché non sembra inventato.
Hebbel assicura che la vicenda gli fu
raccontata a Napoli nel 1945 una sera al caffè da un commesso viaggiatore
appena sbarcato da Palermo. Anche questo non sembra inverosimile. Viaggiatore
curioso, Hebbel non si fa illusioni. Nella stessa giornata in cui registra l’aneddoto
trucido, poco prima, seduto al caffè d’Europa prospiciente la piazza Reale, si
dice perduto dietro “una magica visione di proletariato”, accanto ai nobili e
borghesi a passeggio nella pizza. Affascinato, spiega, dai lazzaroni. Che “a
dozzine guardano, i visi avidi, sbiancati dalla fame, attraverso i vetri lucidi
delle finestre, per vedere come il fortunato dentro se la gode, e s’imbevono di
una buona dose dell’implacabile odio di cui avranno bisogno per poter poi pugnalare
e strozzare con collera fredda”. Senza pregiudizio? Non di Hebbel – ma era l’epoca
in cui il viaggio al Sud si ribaltava, dalla meraviglia alla riprovazione, in
un con la nascita del nazionalismo tedesco..
Friedrich
Hebbel (a cura di Michael Holzinger, ried.), Trauerspiel in Sizilien, amazon.co.uk, pp. 44 € 3,66
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