giovedì 17 luglio 2014

Juventus dopo Fiat, la minaccia famiglia

Andrea Agnelli caccia Del Piero perché lo immagina presidente della Juventus al suo posto. L’Avvocato si tenne Boniperti - che come Del Piero aveva un grande richiamo, un mercato - per questo ruolo, ma i nipoti non sanno nemmeno concepire una cosa del genere. Poi lo stesso Agnelli caccia Conte, che gli ha fatto vincere tre scudetti, scusandosi col dire “ci vogliamo tanto bene”, perché gli faceva ombra. Un altro che ha grande mercato di opinione (di pubblicità), forse più di Del Piero. Due decisioni che intaccano gravemente il capitale e in una qualsiasi azienda lo avrebbe bruciato. In aggiunta a un bilancio sempre in rosso malgrado una ingente ricapitalizzazione, un patrimonio potenzialmente ricchissimo nello stadio di proprietà ereditato dalle passate gestioni, e i successi che Conte gli ha assicurato. Invece resta a capo dell’azienda, perché gode della fiducia dei proprietari, la sua Famiglia, la famiglia Agnelli.
Denudato del mito dell’Avvocato, il capitalismo familiare si conferma anche a Torino per quello che è: una minaccia per il mercato. Come già i Tanzi, i Riva, i De Benedetti, e una serie inverosimile di casi minori, con  miriadi di aziende floride svendute dai figli come eredità personale piuttosto che come bene in gestione. Nel caso della Juventus i danni possono essere per i tifosi, e quindi nessun danno: morta una squadra se ne fa un’altra. Ma, seppure in piccolo, anche in questo caso c’è un problema di governo aziendale. La Juventus è in Borsa e ha un discreto numero di azionisti. I quali non possono decidere niente: il controllo è saldamente della Famiglia Agnelli. Nel caso del conglomerato Fiat i rischi invece sono enormi.
Pagare il dividendo
L’azienda torinese ha rischiato di scomparire sotto la gestione disinvolta dell’Avvocato, che l’ha trasformata da primaria casa automobilistica in conglomerato diversificato. Capace di fare tutto e niente, a condizione di pagare ogni anno il dividendo. Pagare il dividendo è obbligatorio per un’azienda, è indice di buona salute, ma a condizione di lavorarselo, di produrselo migliorando la produttività e il mercato. La cosmesi contabile, al contrario, è un brutto segno.
La Fiat è stata salvata all’ultimo minuto utile per il casuale arrivo al suo vertice di Marchionne, il gestore finanziario che doveva appunto liquidarla e invece l’ha rilanciata. Marchionne non è che un manager. Come salvatore, può fare tutto da solo, ma fino a quando? Non ha Andrea Agnelli sul capo, ha i suoi cugini Elkann, ma con quali garanzie, che hanno fatto gli Elkann di buono?  A differenza ancora dalla Juventus, la Fiat-Chrysler è posseduta dalla Famiglia con una partecipazione ampiamente minoritaria, forse il 25 per cento.
Un aspetto non minore del rischio Famiglia riguarda l’informazione. “Gazzetta dello Sport” e “Corriere della sera” sono accorsi in aiuto dell’incredibile Agnelli nella vicenda Juventus, arrivando a insinuare comportamenti scorretti di Conte – che rimane a spasso - invece che della proprietà. Lodatissima: “La scelta fulminea di Andrea Agnelli (assumere un allenatore appena licenziato dal Milan, n.d.r.) è stata opportuna, coraggiosa e moderna”, scrive la “Gazzetta dello Sport”. Perché la Famiglia ha messo i soldi per il salvataggio del gruppo editoriale dei due giornali? Soldi veri, a differenza di altri dichiaratori onesti, che quindi non si saprebbe non apprezzare. Ma a che prezzo?

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