L’autore di Maqroll il Gabbiere si
diverte a inscenare una storia di sesso caraibico – unidimensionale, alla
Depestre ma senza l’allegria dell’haitiano. Gabellandola per storia gotica. Come
scommessa vinta con Garcia Marquez sull’impossibilità di una storia gotica ai Caraibi. E fa corpo con altre
storie non convincenti: Bolìvar morente, santoni indiani, strateghi bizantini.
Una perfino noiosa, una parafrasi incontinente e inetta, naturalmente caraibica,
del sobrio racconto evangelico del tradimento di Pietro.
Una modesta compilazione di
rimasugli – alcuni ricompresi anche nell’altra antologia, le “Storie della di
speranza”, collazionata da Muis nel 2002 – questa è di quarant’anni fa. La
riscatta il “Diario di Lecumberri”: una diecina di personaggi memorabili,
sbalzati senza compiacimenti. Lecumberri è una prigione messicana, dve Musi
passò un anno in attesa di giudizio, su querela per peculato da parte della
Esso Colombia, la società petrolifera per la quale lavorava, che alla fine si
rivelò essere un agguato politico tra opposte fazioni politiche colombiane. Il
Messico, dove s’era rifugiato, dovette carcerarlo su richiesta della Colombia, ma
lo trattò bene, anche per l’interessamento di Octavio Paz, e alla fine lo
scarcerò, divenendo la patria adottiva del manager scrittore.
Le storie di Lecumberri sono reali,
Mutis insisterà a Firenze (l’ispiratore di Fabrizio de André e confidente di Garcìa
Marquez, morto pochi mesi fa novantenne,
amava Firenze) in lunghi colloqui con la sua amica Martha Canfield, che ne ha trascritto
una parte, consultabile online. Ma non sono il solito esercizio su personaggi straordinari,
sono carcerati modesti, drogati per lo più, che straordinariamente vivono nel
racconto.
Álvaro Mutis, La casa di Araucaíma, gli Adelphi, pp. 176 € 10
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