Recensendo W.Streeck, “Tempo guadagnato”, in uno dei
saggi della raccolta “Nella spirale tecnocratica”, J. Habermas è affascinato
dalla critica che il sociologo muove al “metodo Ackermann”. Ackermann è l’ex presidente della
Deutsche Bank dal 2002 al 2012, “noto”, dice il traduttore in nota, “per aver
fissato obiettivi di rendimento del capitale del tutto spropositati”. Ma non
solo per questo, come “Gentile Germana” documenta al cap. “La colpa è dell’Italia”,
di cui diamo un estratto:
“Sul debito bisogna
intendersi: la colpa qui, per la Germania, è senza dubbio dei latini. Prendiamo
il caso dell’Italia, dell’offensiva contro i Btp della primavera 2011, i buoni
del Tesoro italiano. La Deutsche Bank, subito imitata dalle banche tedesche
minori, vendette tutti i suoi Btp, che allora quotavano a valori superiori al
nominale. Vendette cioè non per ricoprirsi da perdite ma per guadagnarci. E a
luglio ne informò il Financial Times,
dopo aver ricomprato Btp a termine, a prezzo prevedibilmente più basso. E aver
fatto incetta di credit default swap collegati ai Btp, titoli di cotroassicurazione
sul rischio insolvenza dell’Italia, sui quali intanto lucrava un rendimento
elevato. Con una mano. Con l’altra diffuse a fine luglio un rapporto favorevole
ai Btp.
“Un modello di
speculazione. Fu l’inizio della crisi dell’Italia. Innescata a freddo, non per
caso. Era a capo di Deutsche Bank Josef Ackermann, “il più potente banchiere
del mondo” per il New York Times. Potente
coi politici, in Germania e fuori – in Italia aveva Giuliano Amato a “maggior
consulente”. Per Simon Johnson, capo economista al Fondo Monetario, “uno dei
banchieri più pericolosi del mondo”. Amministratore delegato dal 2002, aveva
impegnato Deutsche Bank nei mutui senza garanzie, la bolla scoppiata nel 2007.
Per queste e altre attività arrischiate della sua gestione - la vendita di
derivati agli enti locali in Italia e la manipolazione dei tassi interbancari –
la banca tedesca è tuttora la più coinvolta in azioni risarcitorie, per
fronteggiare le quali accantona in bilancio tre miliardi.
“Ackermann era
stato a capo del Credit Suisse dal 1992 al 1996. Nel 1996 fu cooptato nel
consiglio della Deutsche Bank e in quello della Mannesmann, la banca e la
fiduciaria più potenti della Germania. Nel 2002, subito dopo l’ascesa al
vertice della Deutsche, era stato accusato a Düsseldorf di corruzione nell’acquisizione
di Mannesmann da parte di Vodafone, nel 1999. Assolto rapidamente, ebbe la
sentenza cassata dalla Corte Costituzionale. In appello, quattro anni dopo,
aveva patteggiato un indennizzo di 3,2 milioni, col diritto di dichiararsi non
colpevole.
“Nella prima
parte dell’affare, la cessione da parte di Olivetti di Omnitel Pronto Italia,
nota coi marchi Wind e Infostrada, a Mannesmann, la Oliman, finanziaria di
diritto olandese del gruppo italiano, allora di Carlo De Benedetti, realizzò una
plusvalenza di 14.200 miliardi di lire. Düsseldorf contestava inizialmente – la
traccia fu presto trascurata – il trasferimento di tali ingenti somme, a carico
e a beneficio di Mannesmann, in paradisi fiscali. Olivetti si rissparmiò nella
vendita Omnitel 3.800 miliardi d’imposta al fisco italiano, il 27 per cento
della plusvalenza. Nello stesso 1999 Mannesmann aveva ceduto Wind e Infostrada all’Enel,
allora gestito da Franco Tatò, per 11 mila miliardi.
“A settembre del
2008 Ackermann aveva salvato la Hypo Real Estate, il gruppo tedesco specialista
dei mutui, vicino al fallimento per la crisi. Un piano pubblico di salvataggio da
35 miliardi era stato autorizzato dall’Ue a condizione che i soci ne
sottoscrivessero un quarto, 8,5 miliardi. I soci si rifiutarono. Seguì una fase
concitata, con Hypo falliva la Germania modello. Angela Merkel si rivolse allora
ad Ackermann, che in poche ore trovò la somma. L’anno dopo Merkel contraccambierà,
ricapitalizzando Deutsche Bank con la cessione a condizioni di favore della banca
di Deutsche Post – senza obiezioni di Bruxelles. A metà ottobre 2013 la Süddeutsche Zeitung calcolava in 290
miliardi gli interventi del governo tedesco dal 2008 a favore delle banche. Una
cifra record. Ma molti interventi sono del tipo propiziato da Ackermann, e poi
a lui ricambiato.
“Un metodo,
insomma, che è una dittatura, il criterio gestionale dello spregiudicato
svizzero, del mordi e fuggi. Del breve e brevissimo termine, del guadagno
immediato, dello “strozzo”. Nel quale ha inciampato nell’ultimo incarico, la
presidenza di Zurich Insurance, avendo vessato il direttore finanziario della
compagnia al suicidio, agosto 2013. Una sorta di Shylock, il mercante di
Venezia di Shakespeare, meno loquace ma, se possibile, più spietato, quello che
chiedeva la libbra di carne viva a chi non pagava il prestito.
“A maggio 2012
Ackermann sarà in pratica licenziato, dai piccoli azionisti Deutsche, e dai
grandi. Ma dodici mesi prima proiettava “una lunga ombra sull’Europa”, notò il New York Times. In precedenza, il 18
ottobre 2010, sul lungomare di Deauville, Angela Merkel aveva imposto a
Sarkozy, quindi all’Ue, il principio che “gli Stati possono fallire” - la
Grecia, ma non solo. Era la ricetta Ackermann: non ristrutturare il debito
(allungare le scadenze, tagliare gli interessi) ma farlo pagare con l’austerità,
anche cruenta. A questo fine limitando gli aiuti Ue”.
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