giovedì 31 luglio 2014

Le due Germanie

Sulla crisi del debito ci sono due Germanie. O meglio: sulla crisi del debito l’Italia e l’Europa si devono guardare da due Germanie, entrambe sono infatti minacciose. C’è chi la usa (agita, sfrutta) a proprio (nazionale) vantaggio, ammonendo a non affossare l’euro (“se fallisce l’euro fallisce l’Europa”), ed è Angela Merkel. Che però fa finta, con la divisa ormai famosa “troppo poco, troppo tardi”. E chi, sempre a Berlino, vorrebbe l’euro affossato. Non per cattiveria ma per motivi di democrazia, politica (elezioni, opinione pubblica) e sociale, e per motivi legali, costituzionali anzi: i liberalsocialisti, molti economisti, la stessa Bundesbank, la Corte Costituzionale. Sul presupposto che i Trattati europei, e quindi la Costituzione, escludono che uno Stato debba rendersi responsabile per altri Stati.
Sono autorevoli posizioni nazionali, strettamente mercantilistiche, non europeiste. Del vantaggio tedesco e non europeo. Del futuro tedesco e non europeo. L’Europa non è un orizzonte ma un mercato. L’opinione politica della Germania riunificata è agli antipodi di quella di Bonn, divisa, coi russi a Berlino. Di europeo accetta e anzi dà per scontato il mercato comune, che è quello che fa la potenza economica tedesca (la bilancia dei pagamenti sempre attiva col resto dell’Europa, cioè un drenaggio costante di risorse). Senza obblighi. Il nazionalismo (egemonismo, mercantilismo) merkeliano è solo un po’ meno freddo di quello liberale, e dell’opinione pubblica come viene conformata.  

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