giovedì 10 luglio 2014

Letture - 177

letterautore

Autore – Nell’opera è tridimensionale. Almeno a tre dimensioni, tante ne enuclea Wayne C. Booth, “The Company we keep: an Ethics of Fiction”:, 1988. Uno è l’ “autore implicito”, il senso della vita che la narrazione nel suo insieme si è data e dà. Il secondo è il “narratore” del testo, quando c’è, e l’insieme dei personaggi che si rappresentano. Il terzo è naturalmente l’“autore reale” – che non coincide con l’implicito: può essere di più o di meno, avere proprietà che l’altro non ha o avene di meno.

Cassola – O del sovietismo inossidabile? Della mafia, piuttosto.
Con lentezza, con stupore, addebitando tutto, non si sa mai, alla solerzia e all’impegno di Alba Andreini, la curatrice, lo scrittore forse più impegnato del dopoguerra viene segnalato per una rilettura. Senza peraltro entusiasmo, giusto perché Mondadori lo ripubblica dopo un’assenza di trent’anni. Dicendolo, perplessi, non la Liala con cui l’ha bollato il Gruppo 63, lui come Giorgio Bassani, grande letterato e narratore – due giganti, a confronto della prosopopea sterile del Gruppo (Umberto Eco compreso, che poi optò lui per il genere colportistico…).. Cassola fu socialista, radicale, candidato politico, e sempre apcifista, per l’obiezione di coscienza quando era un reato, eccetera. Ma non fu del Pci, nemmeno come “compagno di strada”, e questo gli costò la tranquillità e la reputazione. Gli costa tuttora.
Cassola è stato, scrive Massimo Raffaeli in un tristissimo ricordo sul “Corriere della sera”, bollato “di provincialismo, filisteismo o, insomma, di aperta collusione col mercato”. Ma non  “è stato” bollato, lo è tuttora. “Non gli venivano allora perdonate”, ricorda ancora Raffaeli, “l’indipendenza della ricerca, la perfetta estraneità alle poetiche à la page”, etc. Non delle colpe, semmai dei meriti, ma ciò che contava – che conta – è mettere nel mirino, isolare. Che si dice sovietismo impropriamente, è il metodo della mafia in letteratura.

Destra - Uno scambio si ripropone tra Roger Scruton e Martha Nussbaum - a proposito della riedizione del saggio di quest’ultima, “Persona oggetto”, 1995, originato da “Sexual desire”, il trattato del filosofo inglese, 1986, e a esso conformato. La recensione di M.Nussbaum sulla “New York Review of Books” provocò una lettere di protesta di Scruton. Il filosofo, benché in lite con l’editore americano, Free Press, che non l’aveva consultato per il risvolto, che lo qualificava di collaboratore del governo Thatcher, contestava la recensione, che, in quanto fondatore del Conservative Philosophy Group, gli attribuiva una consulenza al governo Thatcher. “Consulenza” che M.Nussbaum aggravava: “Ha servito entusiasticamente come consigliere del governo Thatcher”. Non è vero, scriveva Scruton, e voleva dire che, benché conservatore, non era thatcheriano. Comprensibile: di destra ma di un’altra destra. Tanto più, aggiungeva: “Perché lei lo ritenga rilevante per una disamina dei miei argomenti sull’intenzionalità del desiderio sessuale è ancora più misterioso”. Giusto. Più di tutto, però, Scruton teneva a ribadire che il “desiderio sessuale” può essere disgiunto dall’amore – il “rapporto duraturo e profondo” di M. Nussbaum “che coinvolge l’intero essere spirituale di entrambe le parti”. Anzi, la novità della sua riflessione, sottolineava, era “di caratterizzare un certo tipo di amore come l’esaudimento del desiderio nel modo in cui la vendetta e il trionfo sono l’esaudimento della collera”. 
Ma questo, è più o meno di destra che consigliare il governo Thatcher?
E non dare nessun credito a un autore a cui ci si conforma, Nussbaum in questo caso a Scruton, è di sinistra?  
Europa – C’è una “Europamüdigkeit”, una stanchezza dell’Europa, un senso di fastidio, già in Heine – che non la condivideva – in viaggio verso Genova, nel 1828. Il poeta la attribuiva alla “stanchezza di udito” in tema di libertà, di emancipazione dei popoli e delle classi, e anzi di nascente nazionalismo.

Ironia – Richard Lester ricorda come iniziò con i Beatles - su “QN” del 5 luglio: “Diversamente da qualsiasi altro artista, avevano la capacità di guardarsi da fuori con cinismo e ironia, e l’aggiunta surreale era necessaria per far capire la cosa”. L’ironia va dichiarata, altrimenti non si capisce.

Scrittore – “«Gli scrittori scrivono», sembra un fatto ovvio. Alla gente piace dirlo. Io non lo trovo quasi mai vero. Gli scrittori bevono. Gli scrittori sbraitano. Gli scrittori telefonano. Gli scrittori dormono. Ho conosciuto pochissimi scrittori che scrivono davvero” (Renata Adler, “Mai c eravamo annoiati”, 34).

Sinistra - A lungo ha dominato l’editoria. Non come idee, come schieramento. E tuttora la domina: pubblicazione, recensioni, critica, premi letterari. Perfino la distribuzione vi si conforma. Non c’è più la lista di proscrizione del 1969, quando Adelphi, Rusconi e un paio di altre case editrici furono messe all’indice, dalle librerie Feltrinelli, dai supplementi libri, dalle recensioni. Ma alcuni editori, alcuni libri non vanno in alcune librerie e nei giornali.

Sovietismo - È lenta la riemersione dal sovietismo. Dall’impossibilità per molti di pubblicare, o di farsi leggere. Comunque sempre screditati, da un tam-tam irresistibile, interminabile, benché si dichiari esso stesso sconfitto – ha corroso le coscienze. Non si risistema (rilegge) il Novecento. Di cui peraltro è perduta la vena alternativa, seppure in veste di “opposizione” politica: non si pubblica e non si apprezza che il vecchio filone neo realista, in salsa globale: nomi angloidi, luoghi esotici, foreste pluviali, deserti, tetti del mondo, oceani-squali, barbe senza volto, e vicende senza passione, per lo più turpi – la turpitudine ha sostituito il classismo, questa la sola novità. “L’uomo e il cane”, apologo di Cassola sul rifiuto della libertà concessa, un racconto breve di ottanta pagine, ri ripubblica con altrettante di excusatio da parte di Vincenzo Pardini – l’editore lo teme altrimenti inappetibile.

Viaggio – È una letteratura non italiana? Dacia Maraini presenta il suo libro di viaggi, “La seduzione dell’altrove”, con una  premessa impegnativa: “Incontrare un’altra cultura e altre persone mette in crisi quello che sei stata fino a quel momento. Non tutti lo sopportano”. Ma non è il contrario per l’ultimo viaggiatore d’eccellenza, Chatwin? Un personaggio a Londra: gay, snob, con un occhio esperto d’arte, che gli apriva le porte della stessa Londra, e di Parigi, della Toscana, del mondo che conta. Ma curioso e per questo divertente – creativo: amava viaggiare, e far rivivere, raccontandoli, altri  mondi.
Non un caso isolato: ci sono moltissimi bei libri di viaggio in inglese, che volentieri si leggono, a partire dall’Etiopia di.Burton. Insegnano anche molto, decontratti e insieme comparativi al giusto.
In italiano si leggono eterni viaggi intorno a se stessi. Viaggi “in una stanza”, “attorno all’ombelico”, quella solfa là che è il contrario della letteratura di viaggio. Viaggi spesso - molto più spesso che altrove, in Germania per esempio o in Francia - attorno all’essere italiano, anche, che è la stessa cosa.
Si deve dire forse l’italiano malgrado tutto sedentario. Malgrado l’esterofilia. Anche quando, come spesso fa, emigra, per studio, per lavoro, per allontanarsi dalla famiglia. Ha nostalgia? Anche se non  ce l’ha, non cambia - succede per i tanti meridionali che si rifiutano, assimilati già alla prima generazione: non si scuotono la polvere originaria di dosso.

letterautore@antiit.eu

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