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giovedì 31 luglio 2014

Letture - 179

letterautore

Commedia dell’arte – Sarà stata l’ultima scienza letteraria italiana. Dopo la filologia del volgare, il recupero dei classici, la reinvenzione della storia, l’invenzione della scienza politica. La commedia più originale, perché non recupera vecchi modelli, classici. Lo studio e la selezione, l’ordinazione, il riuso dei repertori (fino gli ultimi teatrini di burattini in piazza), la scelta e l’adattamento degli stessi, i costumi, i colori, le voci. La finzione-finzione: la scena dipinta, finestre, armadi, porte – che oscilla a ogni corrente d’aria. Il trucco: l’attore era anzitutto un truccatore, ogni sera col trucco entrava, studiatamente, nel personaggio, prima che un contraffattore delle voci e le movenze. E le maschere, creazione incredibilmente vasta e coordinata, sempre filologicamente sensibile.

Dante – Nella “Commedia” si è “ingabbiato”? Nick Tosches, il poligrafo newyorchese dantista autodidatta, italianista e italianofilo, cultore della materia per molti anni e letture, traduttore della “Commedia” in proprio, lo ha trovato alla fine chiuso, e in qualche modo sterilizzato, dalla metrica, di cui pure era studioso e maestro.
“La mano di Dante”, un romanzaccio nero in cui Tosches (nome albanese, di nonni originari di Casalvecchio di Puglia) rifà la biografia di Dante in forma di “recensione”, ha una pagina non peregrina su questo aspetto. D’accordo con George Steiner, che vuole la “Commedia” l’opera suprema del millennio, ma anche con Goethe, che la vuole raffazzonata, ridicola, inadeguata (parole, chiosa Tosches, “più adatte a descrivere la seconda parte del suo «Faust»”), dopo “una dozzina d’anni” di lavoro di traduzione conclude che “la gabbia ritmica e metrica” è “restrittiva”: obbliga la creatività a “una ricercatezza innaturale”. Con “l’anima, la bellezza e la potenza” così “sacrificati per sorreggere la struttura dell’opera che solo un autore talmente freddo da dare maggiore importanza alla tecnica artistica rispetto all’arte avrebbe potuto farlo”.

Digressione – Tutto può essere interessante a leggere, anche gli annunci funebri, o il tamburino del giornale. Purché non sia scontato, non si sappia prima cosa si va a leggere. Il bugiardino delle medicine, per esempio, è pieno di sorprese, la morte non esclusa. Finché non si scopre che ripete uno schema: chi prende quel medicinale potrebbe anche prendere (uno su centomila, o su un milione) tutte le malattie, Mentre la creazione -  la svolta creativa – non sta nei particolari, O meglio sì, ma nei particolari significativi, in qualche modo nuovi.

William Morris – Poeta, romanziere, progettista, art designer, industriale, tipografo, perseguiva un ideale di lavoro estetico ispirato alle botteghe medievali. Di artigiani che si regolavano sul bello oltre che sul pratico. In polemica esplicita con la scadente produzione industriale. Aveva fondato una Morris, Marshall, Faulkner & Co, poi Morris & Co., che nel 1861 assunse tra gli altri Dante Gabrel Rossetti e Edward Burne-Jones.

Opera - È rivoluzionaria, molti suoi temi lo sono. La filologia di molti esercizi di Rossini. Il multiculturalismo, mediorientale, asiatico, perfino latinoamericano e nordamericano. L’eversione, che sempre sottende la commedia, dai matrimoni ai rapporti padrone-servo. In senso proprio lo fu a Bruxelles, dove alimentò i moti del 1830, quando la città insorse contro il dominio olandese sulle note e i temi di Auber, “La Muta di Portici”.

Promozione – In Italia per pubblicizzare l’ultimo suo libro, Geoffrey Deaver trova opportuno parlare di Faletti, morto con cordoglio di tutti. E dice:“Con la scomparsa di Giorgio Faletti non solo l’Italia ma il mondo intero ha perso la sua leggenda”. Un maestro: “Mi ha insegnato che dobbiamo dare al pubblico il più alto grado di  esperienza emotiva”.
Un’elaborazione del lutto, per conto dei tanti lettori di Faletti. Un’autogratificazione. Una buona promozione, non malvagia, non cinica: annettersi i lettori orfani di Faletti. Le pagine dei giornali sono d’obbligo, di fronte a tanta sensibilità.
Deaever, anni, ha 32 romanzi all’attivo, tradotti  in  25 lingue. E l’Italia? “Roma”, dice, “Capri, Positano, le Cinque Terre, la Toscana” – Deaver è georgico, non va a Firenze né a Venezia.  

Traviata – Germont, seguito su Rai 5 col testo, non solo canta da solo un impegnativo secondo atto, ma dice e fa le cose giuste. Per la sensibilità contemporanea, quindi  a suo modo rivoluzionario, anche lui, per quella dell’epoca, l’Ottocento: borghese, solido e stolido.
Si può fare della “Signora dalle camelie” una vindicatio antiborghese, oppure protofemminista. Dumas jr., che si qualificava di “femministo”, la intendeva in questo secondo senso. Comunque, nel libretto di Piave, Germont padre è compassionevole e perfino affettuoso, e dice le cose giuste.  Il “borghese”, supponente, avaro, è invece il giovane Alfredo, che solo si eccita al gioco delle carte, e di Margherita si vanta “pagata io l’ho”.
Il “discorso” sociale, vissuto, è meno classista (esclusivo,violento), di quello generazionale (egoista) e romantico (vanitoso)? Più ragionevole..

Wagner – L’opera di Wagner invece è reazionaria. Tranquillamente, in ogni aspetto, compreso il romanticismo estremo, sempre solitario, disperato. Anche a leggerne i fumi in senso tolkieniano, di gobbi più curiosi che malvagi nelle terre di mezzo.
Wagner è rivoluzionario nel senso conservatore. Anticipatore di quella che sarà negli anni del primo dopoguerra in Germania la rivoluzione conservatrice.

letterautore@antiit.eu

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