giovedì 3 luglio 2014

L'eurotrappola

Partono in tono minore, anche rispetto alle timidissime proposte federaliste di van Rompuy, il semestre italiano e i propositi di cambiare la Ue dopo la bocciatura del 25 maggio. Con obiettivi minimi, che non servono a nulla – non serve sforare di uno zero virgola per un anno o due, non si rimette nulla in moto. Che il ministro dell’Economia tedesco Schaǔble può peraltro dire di non essersi posto. Mentre è chiaro alla migliore scienza economica e politica che l’euro così com’è, nei trattati o nell’interpretazione prevalente dei trattati, accentua gli squilibri e non li elimina, neppure li allevia.
È il parere prevalente tra gli studiosi, e outspoken, anche in Germania: l’ex socialista Fritz Scharpf, Henrik Henderlein, Wolfgang Streeck, Claus Offe, Juergen Habermas, Ulrich Beck – la lista sarebbe lunga. È solo in Italia, in un europeismo distorto, forse non ingenuamente, che l’euro viene presentato purtroppo quale garanzia di stabilità.
L’euro ha acuito le differenze di reddito e competitività invece di ridurle, queste in sintesi le critiche. E
svuota ogni sforzo teso al riequilibrio – ora, da alcuni anni, alla recessione. Ha sottratto agli stati la politica monetaria, gli aggiustamenti del credito e del cambio, e con esso ogni altra flessibilità. Nessuna ricetta alternativa è possibile: “più tasse, più tasse”, senza la valvola monetaria le tasse richiamano altre tasse. Paradossalmente, si può sfuggire a questa camicia di nesso mettendosi fuori dall’economia – in nero, nell’evasione fiscale, nei paesi terzi.
“Più Europa” ci vuole ma in senso opposto all’austerità che la Germania e i suoi gregari a Bruxelles impongono – o allentano, a seconda delle convenienze. La Bce dev’essere una banca centrale. E quindi una banca centrale autonoma, anche dalla Bundesbank. Le politiche di severità fiscale devono essere compensate da politiche sociali (anche fiscali) di riequilibrio interereuropeo.
Tutto ciò è noto, ma politicamente inerte. Politicamente, grazie a una non ingenua diplomazia tedesca, e a un’opinione pubblica (media) incapace, o crisaiola, la ricetta contraria s’impone. Quella per cui non c’è Europa e non c’è politica europea, ma solo il vantaggio comparato del blocco germanico. 

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