Copertina
verde reseda, come le divise degli ufficiali italiani nella grande guerra,
nell’italiano fluido, “colettiano”, di Angelo Molica Franco, la grande guerra
raccontata da Colette. Un recupero di prose dimenticate, sparse per vari
giornali, che merita l’impegno. Colette si aggira per le retrovie, di Francia e
d’Italia, ma non svagata sotto lo scontato manto patriottico: di ogni scena o
evento lascia tracce in vario modo memorabili. I mutilati, giovani, i corpi
disintegrati al fronte, il cibo, sempre ottimo e abbondante al fronte, senza
ironia, e la fame, nelle campagne, il patriottismo vestimentario delle donne.
Sempre gatti e cani migliori delle donne, fedeli. E l’Italia
In
Italia Colette non vede la guerra, a Roma, a villa Borghese, o a villa Medici,
a Venezia, al lago di Como. Ma sa cose dell’Italia che l’odio-di-sé ancora non
ha cancellato. La pedagogia, sconosciuta in Francia, ai borghesi come ai
contadini: la maternità soprattutto (anche la paternità). L’istruzione estetica
nelle piazze. L’opulenza lombarda, di fascino, personalità, ricchezza
propriamente detta, saggezza. E il ricordo del padre.
Altrove
assente, anche se Colette ha scritto moltissimo, il “capitano” qui domina.
Mutilato lui stesso di una gamba da giovane a Melegnano nel 1859, e tuttavia
sempre poi, per quasi mezzo secolo, nostalgico. “In piedi e ancora così vivo a
settant’anni sulla sua unica gamba, cantava delle canzoni italiane e quasi
ringiovaniva a dipingerci con le parole,
fiori, il sole, le donne dell’Italia”. Grande lettore di Balzac, autore
di una quindicina di volumi, che la figlia ritrovò alla morte ordinati sullo
scaffale. Rilegati, titolati, con una dedica alla moglie, che sarà la “Sido” di
tanta Colette, vuoti: le pagine, di ottima carta, erano bianche. Uno che voleva
scrivere e non potè.
Con una
chicca per gli storici. “Il Messia? Ma in Austria è Giolitti. In Austria si
parla del ritorno di Giolitti, con la erre maiuscola”. Giolitti o la neutralità
dell’Italia. Colette se lo fa spiegare, ancora nel 1916, a Lugano,”che trabocca
di tedeschi e austriaci”, dal principe Hohenlohe, austriaco di Venezia.
Colette,
Le ore lunghe, 1914-1917, Del Vecchio,
pp. 231 € 14
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