Lo dice
Alexander Fleming, lo scopritore della penicillina, in una famosa cena a Indro
Montanelli, dopo essersi negato a qualunque evidenza. Montanelli sbotta: “Ma non
è lei, Alexander Fleming, l’inglese che ha scoperto al penicillina?”. “Non sono
inglese, sono scozzese!”. La distinzione non era frequente, ora sì.
Dunque Sean
Connery, pur non frequentando la Scozia, ce l’ha tatuata e la vuole separata.
A.K.Rowling no – Londra è il paradiso di Harry Potter, lo vendono in mille
pezzi, dagli occhialetti ai vecchi trucchi di magia riconfezionati.Certo, la Regina
sarà dimezzata, se il referendum andrà a buon fine. Un peccato, dopo che era
scesa sull’Olimpiade in elicottero. Ma per Helen Mirren non sarebbe la
consacrazione?
Ci sono sempre i pro e i contro, anche nei referendum. Ma, fatte
le somme, che Inghilterra avremmo? E se anche Shakespeare, fra i trecento e
tanti altri non-Shakespeare che potrebbe essere (ce n’è pure uno di Bagnara, in
Calabria), si dichiarasse scozzese?
Certo, la Scozia
non esisterebbe senza Walter Scott, che la “inventò” nei famosi saggi della
“Invenzione della tradizione”. Scott era scozzese, non solo di nome, ma ben
londinese. Come la madre di Harry Potter, e molti anglo-indiani, Rushdie, il
Dio delle piccole cose, eccetera. Ma poi i migliori inglesi,
filosofi, scienziati (Jams Clark Maxwell tra i tanti, oltre Fleming e Watt), economisti, medici, amministratori imperiali, e qualche generale, sono scozzesi. Dovremo dire che gli in glesi sono in realtà scozzesi?
Prendiamo
la filosofia. La lista è imponente: Kant, Ferguson, Adam Smith, Hume, Carlyle, Francis
Hutcheson - che però era irlandese. Anche degli scrittori: Conan Doyle per esempio,
accanto a W.Scott, Stevenson, James Barrie. Kant, bisnonno Cant, con tutto il teutonismo con cui si
esprime, è scozzese, negatore della natura, contrattualista, per quel suo patto
etico con se stessi e la società, lo scozzese do ut des.
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