“La terra è un sogno pieno di
sogni”, Cristo morto dice alla Madonna trepida: “Devi addormentarti, se vuoi
che i sogni ti appaiano”. Non c’è realtà nella vigilia. Se ne può ridere, ma
abusivamente: Johann Paul Friedrich Richter, in arte Jean Paul, da pronunciare
alla francese in omaggio a Jean-Jacques (Rousseau), è scrittore faceto ma non
del tutto: è pedagogo, polemista, e uomo di profonda fede. Il mondo dei sogni,
non alla maniera di Calderòn ma dell’irrealtà, Cristo morto annuncia dopo aver
spiegato ai “bambini morti che si erano svegliati nel camposanto” e gli
chiedevano del Padre: “Siamo tutti orfani, io e voi, siamo tutti senza padre”.
Tutta la vita Jean Paul fu
angosciato dall’ipocondria. L’ipocondriaco in genere è un intossicatore, se non
un untore, e un egoista, ma Jean Paul ne soffrì in forma di depressione. Si
vedeva morto, già a trent’anni, doppio, e in genere dissociato. Per tale del
resto lo prendevano, un po’ ovunque in Germania – perché era anche molto
socievole.
Sono qui raccolti quattro brevi
scritti noti (rimpolpati da una lunga postfazione di Adriano Fabris), tutti fecondi:
due “Lamenti di Shakespeare morto”, il “Discorso del Cristo morto”, e “Il sogno
nel sogno”. Fabris li ha riuniti all’insegna del nichilismo. Di cui Jean Paul è
certamente anticipatore, di Kierkegaard e, più, di Nietzsche, che ne fu lettore
e ne riutilizzò alcune metafore. Nei quattro scritti, dice Fabris, è “contenuta
la prima angosciante testimonianza – Dio è morto ed assente – che annuncia il
nichilismo come anima profonda della modernità”. Ma si possono leggere anche come
paradossi, che era la forma preferita di Jean Paul. Opportunamente Fabris
ricorda il bon mot di Karl Kraus su
Jean Paul, che il mondo dell’infanzia è meglio riviverlo in sua compagnia che
in quella di Freud.
Jean Paul, Scritti sul nichilismo
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