giovedì 31 luglio 2014

Siamo fatti di sogni

“La terra è un sogno pieno di sogni”, Cristo morto dice alla Madonna trepida: “Devi addormentarti, se vuoi che i sogni ti appaiano”. Non c’è realtà nella vigilia. Se ne può ridere, ma abusivamente: Johann Paul Friedrich Richter, in arte Jean Paul, da pronunciare alla francese in omaggio a Jean-Jacques (Rousseau), è scrittore faceto ma non del tutto: è pedagogo, polemista, e uomo di profonda fede. Il mondo dei sogni, non alla maniera di Calderòn ma dell’irrealtà, Cristo morto annuncia dopo aver spiegato ai “bambini morti che si erano svegliati nel camposanto” e gli chiedevano del Padre: “Siamo tutti orfani, io e voi, siamo tutti senza padre”.
Tutta la vita Jean Paul fu angosciato dall’ipocondria. L’ipocondriaco in genere è un intossicatore, se non un untore, e un egoista, ma Jean Paul ne soffrì in forma di depressione. Si vedeva morto, già a trent’anni, doppio, e in genere dissociato. Per tale del resto lo prendevano, un po’ ovunque in Germania – perché era anche molto socievole.
Sono qui raccolti quattro brevi scritti noti (rimpolpati da una lunga postfazione di Adriano Fabris), tutti fecondi: due “Lamenti di Shakespeare morto”, il “Discorso del Cristo morto”, e “Il sogno nel sogno”. Fabris li ha riuniti all’insegna del nichilismo. Di cui Jean Paul è certamente anticipatore, di Kierkegaard e, più, di Nietzsche, che ne fu lettore e ne riutilizzò alcune metafore. Nei quattro scritti, dice Fabris, è “contenuta la prima angosciante testimonianza – Dio è morto ed assente – che annuncia il nichilismo come anima profonda della modernità”. Ma si possono leggere anche come paradossi, che era la forma preferita di Jean Paul. Opportunamente Fabris ricorda il bon mot di Karl Kraus su Jean Paul, che il mondo dell’infanzia è meglio riviverlo in sua compagnia che in quella di Freud.
Jean Paul, Scritti sul nichilismo

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