“Il Venerdì” recupera la Sicilia inviandoci Matteo Nucci. Ottimo scrittore certo, ma ci voleva un romano, romanista, tottiano e anzi zemaniano, come dire un provinciale, seppure di lusso, per scoprire Mozia e Tindari. Per aprire le finestre del palazzo dei Normanni dove i suoi Crocetta si sono fatti rinchiudere - che è solo una pratica igienica, elementare.
La
latinizzazione del Sud fu forzata, dai Normanni a Mussolini. I Normanni ebbero
via libera dal papa alle scorrerie nel Sud Italia per scacciarne i bizantini e
il culto ortodosso, prima che i saraceni. Mussolini volle latinizzata anche la
toponomastica. Una modernizzazione e una semplificazione, nel senso
dell’uniformità. Più cattiva o più buona? È stata sprecata in Alto Adige, per
esempio. Ma al Sud questa uniformizzazione ha creato insicurezza –
inconsistenza.
Le
processioni in Calabria viste da vicino non sono un problema di ordine pubblico
ma della chiesa.
Chi
non considera la Madonna pagana, o mafiosa, deve però andare cauto. “Stiamo
vivendo un periodo in cui è più importante la forma che il contenuto”, scrive
criptico sul “Garantista Calabria” don Pino Strangio, rettore di Polsi, il
santuario con la più lunga continuità di culto in Europa, da almeno 2.500 anni.
È alla vigilia della prima celebrazione – il 2 settembre – senza festa. Ma non
è questo che lo preoccupa: “Sentendo le persone che visitano il santuario,
percepisco l’assoluta svalutazione della legalità per come è presentata. C’è
molta disinformazione tra i contenitori di legalità e illegalità, mafia e
antimafia”. In una regione in cui lavora una persona su tre.
I
vescovi calabresi che soprattutto si preoccupano di abolire le processioni sono
in effetti preoccupanti.
Rileggendo Dalla Chiesa sul “Fatto Quotidiano”-
il rapporto della sua Commissione sul
malaffare a Milano - non si finisce di sbalordirsi: “Si aggiunge come
nell’occasione fosse stata riscontrata una significativa presenza di padroncini
calabresi nello svolgimento di lavori che pur si realizzano a forte distanza
dai comuni di loro residenza e per somme singolarmente modeste”. Un professore
della Statale. E Pisapia lo paga per questo?
La malaria e il
giardino delle Esperidi
Il
primo colono di Sibari, che vi importò le risaie, era di origini venete. Vi si
dedicò dopo che una rabdomante altoatesina vi aveva trovato l’acqua. L’impresa
fu difficile: i terreni erano cinque metri sotto il livello del mare, l’area
era da un millennio abbondante infetta – acquitrinosa, malarica. Ma il signor
Candido ci riuscì. Questo sessant’anni fa, poco più. Oggi la piana di Sibari è
un giardino delle Esperidi. Vi fioriscono gli agrumi, arrivando sul mercato
come primizie (clementine) e come prodotti tardivi (ovale di Calabria,
succosissimo a giugno, e perfino a luglio), varie qualità di pesche, le
albicocche. Mentre le risaie arricchiscono anche la diocesi di Cassano, cara al papa Francesco.
Sono
veneti da una diecina d’anni, prima padovani ora pure trevigiani, i
“valorizzatori” di Rocca Imperiale, un borgo dalle mille attrattive. Comprare
con costava – e non costa – nulla, e si rivende al doppio e al triplo in breve
tempo con pochi ritocchi. Tra le invidie e le maledizioni dei paesani.
Gustav
René Hocke, che a Sibari incontrò Candido, il risicultore di origine padovana
molti anni fa, censisce con grandi lodi anche un ottimo Greco di Gerace, un
vino bianco derivato dall’uva greca, molto diffusa tra Metaponto e Gerace. Anche
il nome sembrava ben trovato, un brand nato,
e invece: mentre sul vitigno greco altre aree d’Italia hanno costruito, seppure
con difficoltà, degli imperi, il Greco di Gerace si è perso. Il Greco di
Lamezia, tentato una diecina d’anni fa, è scomparso dopo tre o quattro anni. Il
Critone, che al greco aggiungeva una modesta quantità di sauvignon, per un
esito molto gradevole, pure. Il Cirò bianco, che era al 100 per cento di uva
greca, da qualche anno si mescola al trebbiano, per farne un “vino da tavola”.
Manca più la capacità o l’ambizione?
Calabria
Il giornale di Travaglio accompagna il regesto
Dalla Chiesa col parere di Salvatore Malagò (Magarò?), consigliere regionale
Calabria. Uno che vuole “presentificare alla Regione Lombardia…” Ora, è vero
che Malagò-Magarò è calabrese, ma non c’è
tanta ignoranza in Calabria.
Il problema è che Magarò, ora al seguito di
Scopelliti, è stato socialista, sindaco del suo paese per vent’anni, consigliere
della Provincia di Cosenza per dieci, e poi presidente della stessa, prima
di passare al consiglio regionale nel 2005 con l’ex giovane alfiere di Fini e
del Msi.
Per la
festa di san Rocco a Scilla “i fuochi sono autorizzati”, titolano i giornali
calabresi: “Lo stesso parroco ieri mattina ha potuto tirare un sospiro di sollievo
nel comunicare che i fuochi sono stati salvati”. Quando si dice la legalità.
Un
padre s’inventa la medusa per far uscire la figlioletta dal mare. Istantanea è
la voce che il mare è pieno di meduse, quasi che i bagnanti, a pagamento, non
attendessero altro – che può venire di buono dalla Calabria?
Molte
delle offerte ai santi e le Madonne sono raccolte dagli emigrati, attraverso
casse comuni, gagliardetti, stendardi, ai quali spillare le banconote. Dagli emigrati,
a Perth, a Melbourne, a Hamilton. Bisognerebbe occuparsene. O l’Australia e il Canada
non sono sotto la giurisdizione dei vescovi calabresi?
Carmelo
Nucera, endocrinologo, e Carmen Priolo, oncologa, sono molto avanti nello
studio di alcune formazioni cancerogene della tiroide. L’annuncio esce su una
rivista specializzata. Entrambi di Reggio Calabria, 33 anni lui, 31 lei, entrambi
laureati a Messina, lavorano a Harvard. Nucera emigrato nel 2009, dal 2013
professore associato, Priolo chiamata da Nucera. Ma la “Gazzetta del Sud”,
giornale di Reggio Calabria che si fa a Messina, prende tutta la prima pagina
con un episodio di delinquenza in un paesino.
I
giornali calabresi sono per tre quarti di cronaca nera. Locale, nazionale e
internazionale. Che nessuno legge ma fa l’umore.
“L’autentico
territorio degli antichi e primordiali insediamenti della Magna Grecia”, ricordava nel suo viaggio mezzo secolo fa René Gustav Hocke, “è quello
della costa calabrese, la suola dello Stivale, da Reggio a Taranto, con
gloriosi toponimi come Locri, Crotone, Sibari, Metaponto”. Oggi se ne parla per
l’alta incidentalità della statale jonica.
È
guerra, non c’è altra parola, tra i vescovi e
i fedeli sulle processione e le feste. Non si parlano, si sparlano reciprocamente,
accusandosi di mafiosità, e si fanno i dispetti. E non fanno le feste, i preti
perché non le vogliono, i laici contro i preti.
A
Tresilico, dunque, la processione si faceva, con le stesse giravolte, trenta e
quarant’anni fa quando all’incrocio la casa di Mazzagatti ancora non era
costruita – il boss.
Anche
il maresciallo Marino era lo stesso, per sette o otto anni, che aveva seguito
la stessa processione senza inciampi. Poi è cambiato il sindaco.
La
giunta di Africo viene sciolta per mafia. Il sindaco Versaci, che è avvocato,
s’indigna: ha fatto pagare le tasse (un milione e 340 mila euro di incasso, non
poco per un Comune piccolo e povero), si è costituito parte civile nei processi
contro i mafiosi, ha adottato il protocollo di legalità contro le infiltrazioni
mafiose negli appalti, ha in atto quattro progetti dei piano locale sicurezza,
tre su beni confiscati alla mafia. La mafia è diventata antimafia?
Si
fanno molti scavi archeologici in Calabria ma casuali, con le opere di sterro. Per
strade, capannoni, palazzi. Un notevole patrimonio poi necessariamente ricoperto.
Dopo aver creato notevoli problemi per le opere civili. Fare un po’ di
prospezione prima, che non costa, no.
Grande
produttrice di olio d’oliva, forse la maggiore, la Calabria non aveva ancora
capito che il valore aggiunto è a valle della produzione – valorizzare i
prodotti, i marchi, etc. Ora ci è arrivata, e crea una dop “Olio di Calabria”.
Che non ha senso economico – non si compra un prodotto perché è calabrese. Ma
l’etichetta unica consente di continuare a litigare: quale cultivar, e quindi
quali aree e produttori, escludere dalla protezione? Ce ne sono almeno tre a
grande diffusione, e molto diverse tra di loro, la Sinopolese, la Carolea e
l’Ottobratica, e non tutte possono confluire in un unico marchio. E quelle
minori, come la Grossa di Gerace? Si lavora contro, per escludere.
È
la regione delle guardie forestali e ha quattro parchi naturali. Ma nessun
bosco sano, specie nelle Serre e nell’Aspromonte. Quasi tutte le pinete sono
asfittiche, mai allentate, mai ripulite, rinsecchite. Brutte a vedere e
impraticabili. Un mozzicone acceso le manderebbe in fumo.
Ha
tra mare e montagna un patrimonio turistico enorme. Montagne di varia
attrattiva, dal Pollino all’Aspromonte, praticabili d’estate a differenze delle
Alpi e le Prealpi, piovose. Ma non vi s’incontra mai nessuno. Né niente si fa
per attrarre qualcuno.
leuzzi@antiit.eu
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