La serenità pagana frustrata dalla
cristianità è tema ricorrente in Heine. Nel “Libro dei Canti” (“Il crepuscolo
degli dei”, “Gli dei della Grecia”), nelle pagine italiane dei “Quaderni di
viaggio” e delle “Notti fiorentine”, etc. Ma questo lo sappiamo da Lia Secci,
che ha curato questa nuova edizione riveduta, rispetto a quella del 1978. Qui
Heine prende di petto i Padri della Chiesa per il loro “ebraismo cupo, magro,
ascetico”, aprendo l’annosa polemica col suo ebraismo, nel breve testo che apre
la raccolta, la seconda parte del saggio “Gli spiriti elementari”. Per il resto
si diletta , in tre dei quattro pezzi della raccolta, quello del titolo, “Gli
spiriti elementari” e “La dea Diana”, a ritrovare gli dei antichi nei racconti
del Medio Evo fantastico e del Cinque-Seicento, Marte, Apollo, Dioniso,
Caronte, Plutone, Mercurio, Giove. E Tannhäuser, in due o tre versioni.
Niente Veneri tra gli dei. La
stessa Diana è sbiadita. Ma molte gesta si svolgono attorno al Venusberg, il
monte di Venere, che in Germania è il luogo della fantasia. E il Mefistofele
del “Faust” è donna. Heine bisogna ripensarlo sulfureo? Anche il paganesimo
vuole sacrilego.
“La dea Diana” e “Il dottor Faust”
- che molto ha in comune con Tannhäuser, suo personaggio prediletto - Heine ha
redatto in forma di balletto. Su commissione, ma senza fortuna. Miglior uso del
suo lavoro ha fatto Wagner: del Tannhäuser riscoperto e, nell’“Olandese
volante”, dello “Schnabelewopski”. La “Nota introduttiva” al “Dottor Faust” e
la lettera d’accompagnamento al committente del balletto, l’impresario
londinese Lumley, sono un’utile silloge del personaggio nella letteratura
tedesca, col “Faust” di Marlowe e quello di Byron, “che o chiama Manfred”.
Con un finale imprevedibile allineamento
dell’irrispettoso poeta alla nascente identificazione della Germania con la
Grecia classica: “Faust, sia quello torico sia quello leggendario, era uno di
quegli umanisti che diffusero in Germania la grecità, l’entusiasmo per la
scienza e l’arte greca. La sede di quella propaganda era allora Roma”.
Heinrich Heine, Gli
dèi in esilio, Adelphi, pp. 131 € 12
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