mercoledì 6 agosto 2014

Al dio Tannhäuser

La serenità pagana frustrata dalla cristianità è tema ricorrente in Heine. Nel “Libro dei Canti” (“Il crepuscolo degli dei”, “Gli dei della Grecia”), nelle pagine italiane dei “Quaderni di viaggio” e delle “Notti fiorentine”, etc. Ma questo lo sappiamo da Lia Secci, che ha curato questa nuova edizione riveduta, rispetto a quella del 1978. Qui Heine prende di petto i Padri della Chiesa per il loro “ebraismo cupo, magro, ascetico”, aprendo l’annosa polemica col suo ebraismo, nel breve testo che apre la raccolta, la seconda parte del saggio “Gli spiriti elementari”. Per il resto si diletta , in tre dei quattro pezzi della raccolta, quello del titolo, “Gli spiriti elementari” e “La dea Diana”, a ritrovare gli dei antichi nei racconti del Medio Evo fantastico e del Cinque-Seicento, Marte, Apollo, Dioniso, Caronte, Plutone, Mercurio, Giove. E Tannhäuser, in due o tre versioni.
Niente Veneri tra gli dei. La stessa Diana è sbiadita. Ma molte gesta si svolgono attorno al Venusberg, il monte di Venere, che in Germania è il luogo della fantasia. E il Mefistofele del “Faust” è donna. Heine bisogna ripensarlo sulfureo? Anche il paganesimo vuole sacrilego.
“La dea Diana” e “Il dottor Faust” - che molto ha in comune con Tannhäuser, suo personaggio prediletto - Heine ha redatto in forma di balletto. Su commissione, ma senza fortuna. Miglior uso del suo lavoro ha fatto Wagner: del Tannhäuser riscoperto e, nell’“Olandese volante”, dello “Schnabelewopski”. La “Nota introduttiva” al “Dottor Faust” e la lettera d’accompagnamento al committente del balletto, l’impresario londinese Lumley, sono un’utile silloge del personaggio nella letteratura tedesca, col “Faust” di Marlowe e quello di Byron, “che o chiama Manfred”. Con  un finale imprevedibile allineamento dell’irrispettoso poeta alla nascente identificazione della Germania con la Grecia classica: “Faust, sia quello torico sia quello leggendario, era uno di quegli umanisti che diffusero in Germania la grecità, l’entusiasmo per la scienza e l’arte greca. La sede di quella propaganda era allora Roma”.
Heinrich Heine,  Gli dèi in esilio, Adelphi, pp. 131 € 12

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