Una riedizione in linea con la voga
commerciale, al cinema e in tv, per le saghe eroiche, dal Graal alla spada
nella roccia, ai troni di spade, e alle epopee del ghiaccio, da “Frozen” al
“Ragnarök” di A.S.Byatt e alle “Cronache” G.R.R.Martin. Ma è curioso il destino
dello scrittore che, benché sempre innamorato, si volle singolo e libero:
finire tra gli autori che “erano la loro moglie” – qui in chiave ereditaria e
non femminista ma è la stessa cosa. Si riedita a nome congiunto con la compagna-erede
un libro molto borgesiano, nella concezione, nel puntiglio, nelle agudezas. Benché “in collaborazione”, la
prima edizione, 1951, con Delia Ingenieros, le revisione del 1964 (qui
tradotta) con la nuova ninfa María Esther Vazquez.
Una storia e anche un’antologia
delle antiche letterature sassoni: inglese, tedesca, scandinava. Per le radici
comuni, che Tacito chiamò “Germania” – non tanto una regione geografica quanto
un insieme di tribù dai linguaggi (lingue, miti, tradizioni) affini. Un fatto
non nuovo. Il punto di nota è la volontà di Borges – oltre che di guadagnarsi
lo stipendio come insegnante di inglese all’università – di recuperare e
unificare due della sue passioni giovanili, l’Inghilterra e la Germania, divise
dal nazismo e dalla guerra. Cioè di recuperare la Germania, si direbbe in
termini politici, al concerto occidentale che rifiuta. Antonio Melis stringato
titola il breve commento “Il fascino guerriero del Nord”.
Jorge Luis Borges, María Esther
Vazquez, Letterature germaniche
medievali, Adelphi, pp. 228 € 16
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