Le Sturmtruppen erano, sia nel
fumetto di Bonvi (Franco Bonvicini) che nel film di Cochi e Renato diretto da
Samperi, che nella realtà, le truppe d’assalto delle SS naziste, attive sul
fronte francese. Non esclusive dello schieramento tedesco, ma nella trattazione
di Lunsden sì. C’è una sottile identificazione sempre, si sa, tra il biografo e
il biografato, e lo storico e la sua storia. Tanto più, è da supporre, nel caso
di Lusden, storico dettaglista ma non di professione – un ispettore di polizia
di Fife pensionato baby e largamente autodidatta, benché laureato dalla St.
Andrews. E c’è soprattutto, al fondo, ma anche in superficie, l’identificazione
inglese con la Germania, di cui la storiografia inglese è sempre rispettosa.
L’editore italiano lo presenta il libro come
“un agghiacciante racconto di intrighi e nepotismi, deliri di onnipotenza e
stermini di massa nella Germania del Terzo Reich”. No, è una storia, se lo è,
molto rispettosa. Una storia, se lo è,
comunque molto dettagliata, che tende mettere da parte il risaputo: “Le SS sono
una delle organizzazioni più note della storia”, comincia il suo discorso, “ma
anche una delle meno comprese. Lager, stermini, torture, “questo lato oscuro
rappresenta soltanto una parte della storia delle SS”. Evidente, ma Lunsden ne
fa il nostro parente “meglio organizzato”.
È la parte più interessante di
questa storia: la fascinazione inglese per la Germania, tutta la Germania. A
preferenza di qualsiasi altra potenza o cultura continentale, la Francia, o la
Russia, In Lunsden, in particolare, è forte la fascinazione di Himmler.
Mortuaria: soprattutto insegue le teste di morto, nelle tante variazioni e
applicazioni – “Fratello Hitler” è titolo funerario di Thomas Mann, “Fratello Himmler”
potrebbe esserlo di Lunsden.
Nella estesissima trattazione non si
trova mai la verità di Himmler, che pure è breve: il capo
della più vasta rete terroristica mai ideata al mondo, mezzo milione di persone
dalla Vistola al Manzanarre, addestrati, armati, ben pagati, fanatizzati, che
di suo era padre di famiglia e pollicoltore, la pace impegnato a imporre coi
suoi agenti in Europa. Un dettaglista, come il suo impiegato Eichmann, che qui
non si ricorda nemmeno per caso. Cultore delle genealogia, con l’apposito
istituto da lui creato dell’Ahnenerbe, che cercò fino in Tibet, e si convinse
di averne trovati a Taormina. Gli zingari volle morti quando scoprì che
discendevano anch’essi dai goti e dai vandali, gli invincibili, che erano cioè
suoi parenti stretti. Una tale bestia che si fatica a
pensare che un paese gli abbia obbedito. Era capodistretto degli Artamani in
Baviera, gli scout di destra. Teneva riunioni esoteriche nel castello di
Wewelsbug a Paderborn, l’accampamento di Carlo Magno, Jünger vi ha partecipato:
inviarono Ernst Schäffer a cercare il Graal a Montségur, vicino Lourdes, e dal
Dalai Lama. “Il mio onore si chiama fedeltà” fu la sua divisa – e quella dei
neofascusi italiani fino al 1992 – mentre aveva il gusto del tradimento. Tradì
la Germania, e lo stesso Hitler, da ultimo con gli angloamericani. Non era infatti scemo: alla fine, da lui antiveduta,
trepido consigliava si suoi eroi “Nascondetevi nella Wehrmacht”, nell’esercito
cioè regolare, “meglio ancora nella Marina”.
Poco o
niente sappiamo delle funzioni specifiche delle SS, il corpo, si può dire, del nazismo:
insieme partito, polizia, esercito, polizia politica, schiavismo, applicato al
lavoro obbligatorio ne lager. Nulla
delle loro funzioni nei lager, quelli
politici e poi quelli di sterminio. Con la Gestapo. Nei paesi occupati. Nell’eugenetica.
Poco o nulla sappiamo della loro internazionalizzazione: l’internazionale del
terrore che arrivò a contare mezzo milione di volontari, dall’Ucraina alla
Croazia, il Belgio, l’Olanda, la Norvegia, e l’Austria beninteso. Con qualche
svizzero. Per esempio il dottor Leonardo Conti, che fu fatto generale per
dirigere meglio l’eugenetica. Nulla sappiamo dell’eugenetica, alla nascita e
soprattutto alla morte, un piano di sterminio di tedeschi “ariani” che Himmler
dovette sospendere per l’opposizione delle madri.
Il resto è per cultori della
materia: c’è tutto. Diagrammi, nomi, gradi, avanzamenti, date, imprese quasi
sempre eroiche, E moltissime foto (un libro regalato, si consiglia per questo),
che, non ci si pensa, ma da sole, a guardarle, fanno la vera storia della razza
eletta: non si salva nessuno, era brutto anche Heydrich, l’unico biondo - ma era
ebreo per parte di madre.
Robin Lunsden, La vera storia delle SS, Editori Riuniti, pp. 348, ill., ril., € 5
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