lunedì 25 agosto 2014

Fratello Himmler

Le Sturmtruppen erano, sia nel fumetto di Bonvi (Franco Bonvicini) che nel film di Cochi e Renato diretto da Samperi, che nella realtà, le truppe d’assalto delle SS naziste, attive sul fronte francese. Non esclusive dello schieramento tedesco, ma nella trattazione di Lunsden sì. C’è una sottile identificazione sempre, si sa, tra il biografo e il biografato, e lo storico e la sua storia. Tanto più, è da supporre, nel caso di Lusden, storico dettaglista ma non di professione – un ispettore di polizia di Fife pensionato baby e largamente autodidatta, benché laureato dalla St. Andrews. E c’è soprattutto, al fondo, ma anche in superficie, l’identificazione inglese con la Germania, di cui la storiografia inglese è sempre rispettosa.
 L’editore italiano lo presenta il libro come “un agghiacciante racconto di intrighi e nepotismi, deliri di onnipotenza e stermini di massa nella Germania del Terzo Reich”. No, è una storia, se lo è, molto rispettosa. Una  storia, se lo è, comunque molto dettagliata, che tende mettere da parte il risaputo: “Le SS sono una delle organizzazioni più note della storia”, comincia il suo discorso, “ma anche una delle meno comprese. Lager, stermini, torture, “questo lato oscuro rappresenta soltanto una parte della storia delle SS”. Evidente, ma Lunsden ne fa il nostro parente “meglio organizzato”.
È la parte più interessante di questa storia: la fascinazione inglese per la Germania, tutta  la Germania. A preferenza di qualsiasi altra potenza o cultura continentale, la Francia, o la Russia, In Lunsden, in particolare, è forte la fascinazione di Himmler. Mortuaria: soprattutto insegue le teste di morto, nelle tante variazioni e applicazioni – “Fratello Hitler” è titolo funerario di Thomas Mann, “Fratello Himmler” potrebbe esserlo di Lunsden.
Nella estesissima trattazione non si trova mai la verità di Himmler, che pure è breve: il capo della più vasta rete terroristica mai ideata al mondo, mezzo milione di persone dalla Vistola al Manzanarre, addestrati, armati, ben pagati, fanatizzati, che di suo era padre di famiglia e pollicoltore, la pace impegnato a imporre coi suoi agenti in Europa. Un dettaglista, come il suo impiegato Eichmann, che qui non si ricorda nemmeno per caso. Cultore delle genealogia, con l’apposito istituto da lui creato dell’Ahnenerbe, che cercò fino in Tibet, e si convinse di averne trovati a Taormina. Gli zingari volle morti quando scoprì che discendevano anch’essi dai goti e dai vandali, gli invincibili, che erano cioè suoi parenti stretti. Una tale bestia che si fatica a pensare che un paese gli abbia obbedito. Era capodistretto degli Artamani in Baviera, gli scout di destra. Teneva riunioni esoteriche nel castello di Wewelsbug a Paderborn, l’accampamento di Carlo Magno, Jünger vi ha partecipato: inviarono Ernst Schäffer a cercare il Graal a Montségur, vicino Lourdes, e dal Dalai Lama. “Il mio onore si chiama fedeltà” fu la sua divisa – e quella dei neofascusi italiani fino al 1992 – mentre aveva il gusto del tradimento. Tradì la Germania, e lo stesso Hitler, da ultimo con gli angloamericani. Non era infatti scemo: alla fine, da lui antiveduta, trepido consigliava si suoi eroi “Nascondetevi nella Wehrmacht”, nell’esercito cioè regolare, “meglio ancora nella Marina”.
Poco o niente sappiamo delle funzioni specifiche delle SS, il corpo, si può dire, del nazismo: insieme partito, polizia, esercito, polizia politica, schiavismo, applicato al lavoro obbligatorio ne lager. Nulla delle loro funzioni nei lager, quelli politici e poi quelli di sterminio. Con la Gestapo. Nei paesi occupati. Nell’eugenetica. Poco o nulla sappiamo della loro internazionalizzazione: l’internazionale del terrore che arrivò a contare mezzo milione di volontari, dall’Ucraina alla Croazia, il Belgio, l’Olanda, la Norvegia, e l’Austria beninteso. Con qualche svizzero. Per esempio il dottor Leonardo Conti, che fu fatto generale per dirigere meglio l’eugenetica. Nulla sappiamo dell’eugenetica, alla nascita e soprattutto alla morte, un piano di sterminio di tedeschi “ariani” che Himmler dovette sospendere per l’opposizione delle madri.
Il resto è per cultori della materia: c’è tutto. Diagrammi, nomi, gradi, avanzamenti, date, imprese quasi sempre eroiche, E moltissime foto (un libro regalato, si consiglia per questo), che, non ci si pensa, ma da sole, a guardarle, fanno la vera storia della razza eletta: non si salva nessuno, era brutto anche Heydrich, l’unico biondo - ma era ebreo per parte di madre.
Robin Lunsden, La vera storia delle SS, Editori Riuniti, pp. 348, ill., ril., € 5    


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