“Segni
concreti di interessi di ambienti ‘ndranghetisti sui lavori” dell’Expo denuncia il Comitato antimafia di
Milano, presieduto da Nando Dalla Chiesa: “Personaggi calabresi i cui cognomi o
le cui località di origine o residenza ricorrono poi fluentemente sulla
fittissima rete di relazioni su cui si costituiscono i legami di «lealtà» che
alimentano le ‘ndrine”. Il senso, malgrado tutto, è chiaro. Ma: antimafia?
leghismo? affarismo?
Dalla
Chiesa ci ritorna sul “Fatto Quotidiano”. A chi gli obiettava che in fondo
anche i calabresi sono in maggioranza
onesti risponde: “Che noia, che odore di muffa…
Quella del “popolo laborioso e onesto” è la formula fissa con cui da più
di un secolo si pretendo sotto ogni latitudine di esorcizzare la mafia dai
luoghi in cui comanda o arriva”.
Dalla
Chiesa ha una sorella, Simona, che da una trentina di anni fa poltica in Calabria. Ma questo non vuol dire. Lo stesso Dalla Chiesa insegna la mafia alla Statale di Milano. Ma non a esorcizzarla?
Un
gruppo americano che volva impiantare una fabbrica in Italia con 400 lavoratori
ha deciso di andarsene altrove, impaurito dai giudici italiani. Gian Antonio
Stella e il “Corriere della sera” si dispiacciono molto in prima pagina che “la
sberla al nostro pachidermico sistema di regole burocratiche, amministrative e
giudiziarie non colpisce Vibo Valentia, Caserta o Trapani o qualche realtà del
Sud profondo, sgangherato e disperato”. Ma perché affliggersi, si rifaranno
presto.
Cupole e
vendette
Si
condanna un commercialista Zumbo come consulente e prestanome dei Ficara, Pelle
e Molé, famiglie mafiose. Che era stato confidente e consulente dei servizi
segreti e dei Carabinieri - nonché custode giudiziario, di fiducia di molti
giudici, di beni squestrati alle mafie. Confidente a danno delle famiglia rivale dei Bellocco.
Il
3 luglio 2006 fu catturato a Castellace di Oppido Mamertina Teodoro Crea, U’
toru, latitante da tempo. Mentre era ospite di una famiglia di Castellace di cui
era genero Antonino Princi. Che il 26 aprile del 2008 fu vittima di un’autobomba.
Di cui non si trovarono i colpevoli, e forse non si cercarono. Ma inaugurando l’anno
giudiziario 2011, il giudice Pignatone, allora Procuratore Capo di Reggio
Calabria disse Princi collaboratore dei Carabinieri e artefice dell’arresto di Crea –
“facendolo arrestare”, disse, “attraverso una ben congegnata attività collaborativa
con le Forze dell’Ordine, condotta senza esporsi direttamente”. E la Cupola? I
Mandamenti? I Principali? È la “letteratura” che favorisce le mafie.
L’odio-di-sé,
tra lo Stretto e le Madonne
Si
fa il bagno al Lido di Reggio Calabria, in un mare trasparente e in uno
scenario omerico, con l’Etna sullo sfondo. Legambiente Reggio Calabria trova
però, ha trovato qualche mese fa, colibatteri in quantità superiore alla norma,
ha brigato per andare in Rai, alla Rai ha trovato “Ballarò”, che ci ha fatto l’apertura, e il mare di Reggio resta
seppellito dalla cacca. Mentre al Forte dei Marmi colibatteri in quantità spropositate
questo luglio, venti e trenta volte superiori alla norma, sono stati dichiarati
inesistenti, dal Comune, dalla Asl e dall’Arpa Toscana. E Legambiente Toscana
dovutamente onora la spiaggia più cara d’Italia della bandiera blu. Sono due
diverse percezioni della realtà, ma con un metro purtroppo unico, e comunicanti: uno sceglie di andare al mare qui invece che lì . Non
si può dire eroismo quello di Legambiente Reggio, solo attività a perdere. Tanto
può l’odio-di-sé – l’onestà non è sciocca.
Si
fa molta polemica sui giornali in Calabria contro Nando Dalla Chiesa che la Calabria
tutta vuole mafiosa. Ma è quello che dice il giudice Gratteri, calabrese eminente,
Procuratore antimafia a Reggio, che avrebbe voluto fare il ministro della giustizia
di Renzi: “La ‘ndrangheta in Calabria non è un corpo estraneo, visto che si
nutre del consenso popolare” (ieri al premio Caccuri, con Sgarbi e Mieli). Questo
certamente non è vero, ma perché una persona stimata lo dice?
Lo
stesso le Madonne: si litiga sulle processioni proibite e sugli
inchini ai boss, senza vedere il danno che la cosa ha creato. Alcuni dicono che
il video della Madonna di Tresilico inchinata al boss è una vendetta del
vecchio sindaco di Oppido Mamertina, Barillaro, contro il nuovo che due mesi fa
l’ha sconfitto. Entrambi sono medici, di un certo credito, ma si scambiano queste
accuse. Altri dicono che il maresciallo Marino ha voluto magnificarsi su facebook,
dopo sette o otto anni in processione Ed
è pure vero che la processione è la stessa dagli anni quando il capomafia Mazzagatti
non s’era ancora costruito la casa al punto della svolta. Nessuno crede all’inchino,
ma nella stessa Calabria è un delirio di sfottò. Soprattutto sul web. È in
parte spensieratezza. Anche ignoranza - che le immagini, seppure false, fanno
la realtà, e che l’inchino della Madonna al mafioso resterà negli annali, del
ridicolo e del disprezzo. Ma su un fondo di rifiuto, di sé e del mondo
circostante. Uno ha anche trovato un vecchio video della processione al suo
paese, Rizziconi, non della Madonna ma sempre di un santo rispettato, san
Teodoro, e dice che fa l’inchino. Se non gli crediamo si offende? Sì.
Nel segno del
Toro
L’egemonia
della cultura greca nel Mediterraneo fu policentrica. Insomma, vi si incontrava
di tutto. Si gira così nella Piana magno greca di Gioia Tauro attorniati da
toponomastica taurina – tanto più rimarchevole
in questi anni di Red Bull, la birra che sta facendo rossa la Ferrari. Di cui non si conosce il fondamento, qui non si studia, ammesso
che ne abbia uno. Sono, forse, i taurobolii, sacrifici rituali del toro, che,
come l’ariete e prima dell’agnello, purificava la persona o la collettività, una sorta di battesimo, e infondeva vigore – a differenza dell’agnello, il toro
si legava anche alla riproduzione. Il sangue sparso dal toro aveva “un potere
redentore simile a quello del sangue sparso dall’Agnello divino” (Treccani) - la
purificazione della colpa, dunque, e l’assimilazione alla divinità. Un fatto
non eccezionale, i miti hanno queste funzioni. Ma questi – i nomi se non i riti
- piace pensarli legati, via Creta, ai miti fenici, ittiti e, in senso proprio,
della Tauria.
Era
un toro, El, la prima divinità fenicia. È un toro che il popolo ebraico, in
assenza di Mosè, costringe il sacerdote Aronne a costruire, per poterlo
adorare. Si trasformò in toro Zeus per sedurre Europa senza spaventarla.
Erano violenti i vecchi Tauri. Cioè
no, erano inflessibili, al punto di uccidere. Era Tauride, o Taurica, o Tauris
un tempo la Crimea, che gli Scizotauri abitavano, irriducibili, se non a patti
precisi. Forse erano gli antichi Cimmerii, che nel VII secolo a.C. gli Sciti
espulsero spingendoli verso Nord. Erodoto, libro IV, dice che vivevano “esclusivamente
di guerre e saccheggi”. E dunque, ammesso che si siano trapiantati nella Piana
di Gioia Tauro, si mantengono in esercizio.
Ma avevano già una Artemide, una
dea mezza Cibele, quindi crudele, mezza vergine. Alla quale sacrificavano –
anche i greci naufragati o catturati in battaglia: da qui le storie di Ifigenia
e Oreste, come nella “Ifigenia in Tauride” di Euripide. Questo spiegherebbe la
dominanza femminile, in un plaga ritenuta fortemente maschilista.
I greci policentrici si
assunsero anche i Tauri. Ci furono città Tauropolium o Taurobolos. Ma più importante fu Artemide Taurobolia. Ci furono poi Minerve
Taurobolie – Suida ne ha visto qualcuna – e Diane Taurobolie.
leuzzi@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento