lunedì 11 agosto 2014

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (215)

Giuseppe Leuzzi

“Segni concreti di interessi di ambienti ‘ndranghetisti sui lavori”  dell’Expo denuncia il Comitato antimafia di Milano, presieduto da Nando Dalla Chiesa: “Personaggi calabresi i cui cognomi o le cui località di origine o residenza ricorrono poi fluentemente sulla fittissima rete di relazioni su cui si costituiscono i legami di «lealtà» che alimentano le ‘ndrine”. Il senso, malgrado tutto, è chiaro. Ma: antimafia? leghismo? affarismo?

Dalla Chiesa ci ritorna sul “Fatto Quotidiano”. A chi gli obiettava che in fondo anche i calabresi sono in  maggioranza onesti risponde: “Che noia, che odore di muffa…  Quella del “popolo laborioso e onesto” è la formula fissa con cui da più di un secolo si pretendo sotto ogni latitudine di esorcizzare la mafia dai luoghi in cui comanda o arriva”.
Dalla Chiesa ha una sorella, Simona, che da una trentina di anni fa poltica in Calabria. Ma questo non vuol dire. Lo stesso Dalla Chiesa insegna la mafia alla Statale di Milano. Ma non a esorcizzarla?

Un gruppo americano che volva impiantare una fabbrica in Italia con 400 lavoratori ha deciso di andarsene altrove, impaurito dai giudici italiani. Gian Antonio Stella e il “Corriere della sera” si dispiacciono molto in prima pagina che “la sberla al nostro pachidermico sistema di regole burocratiche, amministrative e giudiziarie non colpisce Vibo Valentia, Caserta o Trapani o qualche realtà del Sud profondo, sgangherato e disperato”. Ma perché affliggersi, si rifaranno presto.

Cupole e vendette
Si condanna un commercialista Zumbo come consulente e prestanome dei Ficara, Pelle e Molé, famiglie mafiose. Che era stato confidente e consulente dei servizi segreti e dei Carabinieri - nonché custode giudiziario, di fiducia di molti giudici, di beni squestrati alle mafie. Confidente a danno delle famiglia rivale dei Bellocco.
Il 3 luglio 2006 fu catturato a Castellace di Oppido Mamertina Teodoro Crea, U’ toru, latitante da tempo. Mentre era ospite di una famiglia di Castellace di cui era genero Antonino Princi. Che il 26 aprile del 2008 fu vittima di un’autobomba. Di cui non si trovarono i colpevoli, e forse non si cercarono. Ma inaugurando l’anno giudiziario 2011, il giudice Pignatone, allora Procuratore Capo di Reggio Calabria disse Princi collaboratore dei Carabinieri e artefice dell’arresto di Crea – “facendolo arrestare”, disse, “attraverso una ben congegnata attività collaborativa con le Forze dell’Ordine, condotta senza esporsi direttamente”. E la Cupola? I Mandamenti? I Principali? È la “letteratura” che favorisce le mafie.

L’odio-di-sé, tra lo Stretto e le Madonne
Si fa il bagno al Lido di Reggio Calabria, in un mare trasparente e in uno scenario omerico, con l’Etna sullo sfondo. Legambiente Reggio Calabria trova però, ha trovato qualche mese fa, colibatteri in quantità superiore alla norma, ha brigato per andare in Rai, alla Rai ha trovato “Ballarò”, che ci ha fatto  l’apertura, e il mare di Reggio resta seppellito dalla cacca. Mentre al Forte dei Marmi colibatteri in quantità spropositate questo luglio, venti e trenta volte superiori alla norma, sono stati dichiarati inesistenti, dal Comune, dalla Asl e dall’Arpa Toscana. E Legambiente Toscana dovutamente onora la spiaggia più cara d’Italia della bandiera blu. Sono due diverse percezioni della realtà, ma con un metro purtroppo unico, e comunicanti: uno sceglie di andare al mare qui invece che lì . Non si può dire eroismo quello di Legambiente Reggio, solo attività a perdere. Tanto può l’odio-di-sé – l’onestà non è sciocca.
Si fa molta polemica sui giornali in Calabria contro Nando Dalla Chiesa che la Calabria tutta vuole mafiosa. Ma è quello che dice il giudice Gratteri, calabrese eminente, Procuratore antimafia a Reggio, che avrebbe voluto fare il ministro della giustizia di Renzi: “La ‘ndrangheta in Calabria non è un corpo estraneo, visto che si nutre del consenso popolare” (ieri al premio Caccuri, con Sgarbi e Mieli). Questo certamente non è vero, ma perché una persona stimata lo dice?
Lo stesso le Madonne: si litiga sulle processioni proibite e sugli inchini ai boss, senza vedere il danno che la cosa ha creato. Alcuni dicono che il video della Madonna di Tresilico inchinata al boss è una vendetta del vecchio sindaco di Oppido Mamertina, Barillaro, contro il nuovo che due mesi fa l’ha sconfitto. Entrambi sono medici, di un certo credito, ma si scambiano queste accuse. Altri dicono che il maresciallo Marino ha voluto magnificarsi su facebook, dopo sette o otto anni in processione  Ed è pure vero che la processione è la stessa dagli anni quando il capomafia Mazzagatti non s’era ancora costruito la casa al punto della svolta. Nessuno crede all’inchino, ma nella stessa Calabria è un delirio di sfottò. Soprattutto sul web. È in parte spensieratezza. Anche ignoranza - che le immagini, seppure false, fanno la realtà, e che l’inchino della Madonna al mafioso resterà negli annali, del ridicolo e del disprezzo. Ma su un fondo di rifiuto, di sé e del mondo circostante. Uno ha anche trovato un vecchio video della processione al suo paese, Rizziconi, non della Madonna ma sempre di un santo rispettato, san Teodoro, e dice che fa l’inchino. Se non gli crediamo si offende? Sì.

Nel segno del Toro
L’egemonia della cultura greca nel Mediterraneo fu policentrica. Insomma, vi si incontrava di tutto. Si gira così nella Piana magno greca di Gioia Tauro attorniati da toponomastica taurina – tanto più rimarchevole in questi anni di Red Bull, la birra che sta facendo rossa la Ferrari. Di cui non si conosce il fondamento, qui non si studia, ammesso che ne abbia uno. Sono, forse, i taurobolii, sacrifici rituali del toro, che, come l’ariete e prima dell’agnello, purificava la persona o la collettività, una sorta di battesimo, e infondeva vigore – a differenza dell’agnello, il toro si legava anche alla riproduzione. Il sangue sparso dal toro aveva “un potere redentore simile a quello del sangue sparso dall’Agnello divino” (Treccani) - la purificazione della colpa, dunque, e l’assimilazione alla divinità. Un fatto non eccezionale, i miti hanno queste funzioni. Ma questi – i nomi se non i riti - piace pensarli legati, via Creta, ai miti fenici, ittiti e, in senso proprio, della Tauria.
Era un toro, El, la prima divinità fenicia. È un toro che il popolo ebraico, in assenza di Mosè, costringe il sacerdote Aronne a costruire, per poterlo adorare. Si trasformò in toro Zeus per sedurre Europa senza spaventarla.

Erano violenti i vecchi Tauri. Cioè no, erano inflessibili, al punto di uccidere. Era Tauride, o Taurica, o Tauris un tempo la Crimea, che gli Scizotauri abitavano, irriducibili, se non a patti precisi. Forse erano gli antichi Cimmerii, che nel VII secolo a.C. gli Sciti espulsero spingendoli verso Nord. Erodoto, libro IV, dice che vivevano “esclusivamente di guerre e saccheggi”. E dunque, ammesso che si siano trapiantati nella Piana di Gioia Tauro, si mantengono in esercizio.
Ma avevano già una Artemide, una dea mezza Cibele, quindi crudele, mezza vergine. Alla quale sacrificavano – anche i greci naufragati o catturati in battaglia: da qui le storie di Ifigenia e Oreste, come nella “Ifigenia in Tauride” di Euripide. Questo spiegherebbe la dominanza femminile, in un plaga ritenuta fortemente maschilista.
I greci policentrici si assunsero anche i Tauri. Ci furono città Tauropolium o Taurobolos. Ma più importante fu  Artemide Taurobolia. Ci furono poi Minerve Taurobolie – Suida ne ha visto qualcuna – e Diane Taurobolie.

leuzzi@antiit.eu


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