giovedì 21 agosto 2014

Il mondo com'è (184)

astolfo

Adua – Gli italiani non furono i primi a farsi battere dai neri africani. Primi erano stati gli inglesi, nella guerra anglo-zulu del 1878-1879. Il 22 gennaio, sotto il monte Isandlwana, un reggimento di 1.800 effettivi, in gran parte britannici coloniali, con pochi ascari, e due cannoni, fu quasi annientato dagli Xhosa. L dramma di Adua fu la dimensione: le truppe italiane erano dieci volte tanto, 17.700 uomini. Settemila dei quali morirono, con 1.500 feriti, la metà. Il ministero della Difesa inglese subito bilanciò il disastro di Isandlwana con una “vittoria” a Rorke’s Drift. Un fortino dove il 22-23 gennaio un paio di centinaia di soldati della regina Vittoria resistette a un assedio Xhosa e anzi lo respinse.

Crimea – Si dimentica la Crimea nella crisi ucraina. Considerandola forse riannessa alla Russia. Come quarto stato della Federazione.  È la terra anticamente dei Tauri, o Scizotauri, rinforzati dai Tartari o Tatari, bellicosi e irriducibili come i primi. Anche se oggi, stranamente, filorussi, invece di cercare apparentamenti o alleanze sul versante Sud del mar Nero, in Turchia, paese al quale sono legati dalla lingua e dall’islam. Erodoto diceva i Tauri una popolazione che viveva “esclusivamente di guerra e saccheggio”. E a sacrifici umani. Poi addomesticata dai greci e dai romani, ma non del tutto. E comunque subentrata dai tatari, sempre irriducibili benché borghesizzati.

Destra-sinistra - Travaglio che sposta “Il Fatto Quotidiano” sull’arrestateli tutti è uno che ritorna alla casa del padre, o madre, cioè del fascio. Era uno troppo di destra per Berlusconi quando glielo fecero assumere al “Giornale”. Ma ci ritorna dopo essere stato a lungo il columnist e la coscienza della sinistra, dall’“Unità” a “Micromega”. E ci ritorna con metà delle Procure italiane, che erano e sono “finiane” cioè dell’ex Msi. Anche Fini di sinistra non è male.  

Digitale – Più che altro, per ora produce errori – s’intende la stampa digitale: refusi, salti di parole, errori di sillabazione, correzioni automatiche invisibili, nomi propri e geografici storpiati.  Una dozzina di libri letti di fila, di stampa recente, ne contengono almeno uno si può dire a ogni pagina. Libri anche di editori considerati: Bompiani, Rizzoli, Einaudi, Bcd.

Femminismo - S’incontrava nell’unica forma incontrovertibile a Mosca. Della donna che faceva quello che fa l’uomo: i lavori pesanti, in fabbrica, nell’edilizia, e i turni di notte. Senza una casa di cui curarsi – nell’eguaglianza: la donna come l’uomo. Poteva on sposarsi e non si richiedeva che facesse figli. E poteva non truccarsi né depilarsi, alla sola condizione di lavarsi, operazione non difficile, le docce erano diffuse, l’unica comodità sovietica. “Forse le donne hanno fatto il più grande sacrificio alla rivoluzione”, notava Corrado Alvaro in “I maestri del diluvio”, le sue corrispondenze da inviato nella Urss anni 1930, “quello della bellezza e della grazia” - ma lo scrittore, in questo, era passatista. Una comodità del regime, comunque, e non una liberazione: la moltiplicazione della forza lavoro, e il lavoro come obbligo.
La donna non si distingue solo per la maternità. Ma è nell’immaginario universale e da sempre, e quindi ormai “naturalmente”, innaturale: si cura e si atteggia. La donna che lavora non fa un lavoro duplice (lava, stira, cucina e rifà i letti) ma triplice, poiché deve curare l’immagine. Ogni mattina, e poi durante il giorno. Il primo lavoro doppio lo può dismettere, se è single o poco casalinga, il secondo no.

Odio-di-sé – Si può dire la passione dello stereotipo, l’abbandono allo stereotipo. Una sorta di voluttà masochista. È esercizio molto diffuso, anche nelle migliori famiglie. Compresa la coppia propriamente detta, familire, nei confronti del mondo extrafamiliare, che è sempre “migliore”.
È la forma forse più insidiosa di servitù volontaria. Che rigenera e affina gli strumenti del dominio a opera dello stesso dominato, per un impulso irresistibile. Seppure culturale, storico, palesemente, ereditario, e non razionale.

Russi – Vittime sempre della perfida Albione. Già dal tempo di Napoleone, che sconfissero per primi e prepararono alla disfatta. Lo stesso con Hitler – sebbene Londra li avesse obbligati al patto Hitler-Stalin. Vincono troppo? Hanno perso in Afghanistan, ma lì anche gli Usa – mentre l’Inghilterra ha sempre saputo che non ce l’avrebbe mai fatta.

Tradizione – La chiesa, che ne era stata la custode tenace, le oppone il più radicale rifiuto. Niente più rito, niente più mito, niente più immaginazione (artistica, vestimentaria, musicale). E anche la parola è seccagna – niente più salmi, solo parabole e preghierine per tutti.
Una forma di democrazia che è invece il disprezzo del popolo.  Il popolo ama la tradizione, è il suo punto di consistenza: nelle grandi famiglie, nei paesi, tra gli emigrati. Il culto è uno dei legami più forti, più intensamente vissuti, nella periodicità, nella certezza.

Il rigetto della tradizione si vuole segno di modernità. Cioè di ragione. Ma è ragione a basso voltaggio: diffonde l’incertezza e l’insicurezza tra i deboli. È palesemente infertile il papato di Francesco, che ha già un anno e mezzo di vita. Soprattutto coi deboli di spirito ai quali preferisce rapportarsi.

astolfo@antiit.eu 


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