Il nuovo
vescovo di Locri-Gerace, Francesco Oliva, ha abolito anche lui le processioni, e
con esse si avvia a bloccare la festa della Madonna della Montagna o di Polsi, che
fu la prima indiziata di mafiosità dai Carabinieri, con molti video in giro per
il mondo su youtube, una festa popolare di largo richiamo in Calabria e
Sicilia. Si celebra il 2 settembre, con canti e balli, anche in chiesa, e la
cosa non è più tollerata. Si interrompe una tradizione di almeno due millenni e
mezzo, in questo che è il luogo di culto con più continuità in Europa (http://www.antiit.com/2007/09/polsi-il-luogo-di-culto-con-pi.html
) ma non
importa.
In una “Lettera
estiva” ai fedeli, mons. Oliva chiede di finirla per sempre con le processioni:
“Resistono ancora processioni dalla lunga durata, durante le quali tutt’altro
si fa che pregare. Esse nascondono radici che sanno di paganesimo o comunque
sono evidente commistione tra sacro e profano”. Il vescovo chiede in
sostituzione “gesti evangelici”, o “di accoglienza, solidarietà e condivisione”:
“L’accoglienza anzitutto nei confronti degli immigrati e dei profughi…
Accoglienza nei confronti dei poveri, dei piccoli e dei sofferenti”.
Tutto ineccepibile.
Ma forse la chiesa ha voglia di finirla, se si riduce al semplicismo, che
sempre è ineccepibile – che si può eccepire al povero di spirito? Sul solco, rispettabilissimo,
dei testimoni di Geova, che per prima cosa appunto rinunciano alla festa,
eccetto l’agape comunitaria.
Anche la
chiesa dell’accoglienza non nasce ora. Le “Lettere Meridionali” di Pasquale Villari,
il primo studio sul Risorgimento dimezzato, 1862, addebitavano allo Stato
unitario, le cui avide borghesie per prima cosa s’erano incamerati i beni delle
parrocchie e dei conventi, di aver lasciato senza protezione le diecine di
migliaia di poveri e di malati poveri di Napoli cui la chiesa provvedeva. Ora
lo stesso Stato locupleta la chiesa e le sue opere buone (il terzo settore, o
volontariato, o onlus) di sussidi, nazionali e europei, per occuparsi degli
immigrati, dei profughi e dei bisognosi. Ottima soluzione, se la chiesa lo sa
fare meglio dello Stato. Ma ha chiesto anche l’abolizione delle feste? Non
sembra, questa è una fissa della chiesa.
“Troppo spesso”,
rileva il vescovo di Locri, “il nostro modo di far festa che non bada a spese e
che è facile tacciare di consumismo (cantanti, fuochi, luminarie, etc.) serve
poco alla nostra crescita umana e spirituale, culturale e sociale”. È per la
decrescita, anche lui. Una pastorale infine laica? Il dialogo religioso si
rivela sempre nell’ambito della vera fede – ce n’è una sola. Che oggi si vuole
crisaiola, non si canti e non si balli.
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