Blogger di tutto il mondo,
rincuoriamoci! Il nostro libro dunque era stato scritto, già qualche anno fa,
dotto e assolutorio: niente di cui pentirsi. Il diario è arte minore - premette
la studiosa: “Il diario occupa una posizione tra le più basse nella gerarchia dei
generi che si dedicano all’io. Autobiografie, confessioni, memorie, epistolari godono
di una reputazione e di una capacità seduttiva assai più elevate”. Assai forse
no. E qualche sottogenere – gli epistolari – non usa più, la comunicazione è
ora istantanea e a perdere. Ma è vero che la letteratura dell’io prospera, e
anzi è il segno del tempo. L’autofiction è il genere del Millennio, perlomeno negli
Usa e in Francia, le due culture-mercato che fanno il presente. Mentre le
memorie si vendono a carissimo prezzo e a milioni di copie, anche di figure di terza
e quarta fila, sottosegretari, attricette, ladri, e perfino comparse di reality.
Viviamo in una sorta di sagra
perpetua dell’io posticcio. Ma il genere si nobilita molto in questa rassegna.
Simonetta Piccone Stella - col concorso, premette, di Andreina De Clementi e
Marina D’Amelia - ne ricostituisce una genealogia nobile. Tra chi anticipò i
blog, pubblicando il diario, di vita vissuta e di vita letta, o scrivendolo per
la pubblicazione. - Stendhal, Baudelaire, Drieu, Musil. Le testimonianze, di
eventi o epoche particolari. Tra esse molti diari del dopoguerra, coi nomi d’obbligo,
Sebald, Jünger, Viktor Klemperer, e in Italia le tante donne - ancora mogli,
sorelle, innamorate, insomma vicarie. E il mestiere di vivere, anche qui coi
nomi d’obbligo: Kafka, Virginia Woolf, Pavese, Sylvia Plath. Il disagio cioè della condizione
umana mescolato con la riflessione, pregressa o propria, dove il narcisismo si
mescola all’incertezza. I diaristi che non si colpevolizzano si chiamano Stendhal, Baudelaire, Musil, Wittgenstein, Gide, Julien Green, Canetti, Larbaud, la lista sarebbe interminabile, o anche i fratelli Goncourt - e i “Saggi” di Montaigne?
Simonetta Piccone Stella privilegia i diari degli scrittori, escludendo quelli della “gente comune”, quali con dubbia categorizzazione sono stai raccolti da Saverio Tutino a Pieve Santo Stefano. Di ci fa del mestiere di vivere il mestiere di scrivere – “cammino facendo frasi, mi siedo architettando scene”, fa eco arguta Virginia Woolf. Tanto pù che la vita è irrelata, “sognata”, dice Kafka.
Simonetta Piccone Stella privilegia i diari degli scrittori, escludendo quelli della “gente comune”, quali con dubbia categorizzazione sono stai raccolti da Saverio Tutino a Pieve Santo Stefano. Di ci fa del mestiere di vivere il mestiere di scrivere – “cammino facendo frasi, mi siedo architettando scene”, fa eco arguta Virginia Woolf. Tanto pù che la vita è irrelata, “sognata”, dice Kafka.
Una scrittura che propone una
relazione intensa col lettore, di “compassione, repulsione, entusiasmo, pena,
estraneità” ma sempre coinvolgente. Per l’autore è risarcitivo, il diario è “malleabile”,
è “sperimentale”, è “libero”. Una sfida, a partire dal dottor Johnson e fino al
beffardo Gombrowicz del diario in pubblico. Un’oggettivazione che crea (modula,
modella): la “vita quotidiana” in sé è muta – quella del Bloom di Joyce
richiede molta applicazione.
Ma più che la funzione pubblica (“la
retorica dell’intimità”, o della personalità), lo studio esplora la funzione
privata e personale della diaristica. La erezione del sé a monumento, con
effetti variamente costruttivi-decostruttivi. Di autorivalutazione o di
svalutazione – molto dicono in questo senso i diari di Sylvia Plath e Leiris.
Ma sempre di un sé che, benché esteriorizzato, in qualche modo scolpito, ma non
mai espulso, impossibile, diventa un sostituto più che un termine di confronto,
e alla fine un proprio reale. Il blogger si mette alla tastiera, potremmo dire
attualizzando le ricerche di Piccone Stella, e si confronta con un blog che è
suo ma anche non (più) suo.
Il diario-blog lo studio spiega
come una forma del conosci-te-stesso esteriorizzata. Un altro-da-sé intimo, e
insieme materiale. Dotato cioè di una sua solidità e non più conformabile. La
forma si estende perché, per quanto incontrollata, prolissa, ininteressante,
vuota, è pur sempre un dialogo, e una creazione. Di un altro io, sia pure appunto
posticcio, nel senso deteriore - non
veritiero, fatuo..
Simonetta Piccola Stella, In prima persona. Scrivere un diario.
Il Mulino, pp. 144 € 11,50
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