La prima parte è una noiosa
(inconsistente, inutile) ricostruzione ipotetica di cosa Artemidoro ha fatto e
scritto, basata su Strabone, Marciano di Eraclea e altri divulgatori, che
Canfora peraltro disprezza. Ma un ragione c’è. Strabone menziona Artemidoro per
la Spagna e per la Trogloditica (l’Africa). E quindi: sembra non casuale che,
nel papiro dello pseudo-Artemidoro, “sul recto
ci sia la Spagna e sul verso proprio
gli animali della Trogloditica”.
È una della tante contestazioni dell’Artemidoro
“scoperto” qualche anno fa e avallato da Settis. La seconda parte, dedicata al
falsario Simonidis, è una racconto affascinante. Il secolo XIX fu l’epoca dei
falsi manoscritti, si guadagnavano tesori, “cosi
come il XX lo fu per le opere d’arte”. Il filologo qui si diverte, invece
di ipotizzare sul vago, e anche il lettore. Anche se si continua a non sapere
come e perché il falsario Simonidis abbia fatto arrivare il falso Artemidoro
dall’aldilà a mezza filologia italiana.
Luciano Canfora, Il viaggio di Artemidoro, Rizzoli
remainders, pp. 350 € 9,25
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