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venerdì 22 agosto 2014

L'amore non c'entra nelle storie d'amore

Di che rivedere il femminismo, e l’amore. Trentasei storie tutte eccezionali, che lo scrittore greco Partenio raccolse per il suo amico poeta latino Cornelio Gallo, come repertorio per le sue esercitazioni, “un pro-memoria” lo dice nella dedica – i poeti non hanno il tempo di sperimentare le passioni su cui si esercitano? Storie della mitologia, di illusioni, delusioni, trucchi, tradimenti, e tradimenti di tradimenti. Da sempre, si vede, giocate tra la passione d’amore (la volontà di amare) e le sue esigue vicende.
Tutte storie, quindi, che finiscono male, qualche lieto fine è casuale. L’amore dei greci, premette il curatore Guido Paduano, è “perduto e subalterno”, per una “sua sostanziale estraneità alla persona umana”. Se è vero, è da mani nei capelli. Una concezione “essenzialmente apologetica (chi pecca per amore non è veramente colpevole, perché l’amore non dipende dalla volontà dell’uomo, è il prodotto di una forza esterna e irresistibile che si impadronisce di lui)”
È “assolutamente singolare in questo corpus… quello che pure diventerà lo schema narrativo canonico delle vicende amorose”, nel romanzo greco, in quello imperiale, e infine europeo: lo schema dell’amore ch trionfa sulle invidie (degli dei) e sugli ostacoli. Anche i meglio innamorati trovano ostacoli e incidenti: collane malefiche, morte in guerra, sacrifici rituali, verginità intolleranti, la caccia, più spesso al femminile. Con rovesciamenti normali di ruoli, la donna cacciatrice, l’uomo confidente, la donna impavida, l’uomo vile, etc., - un altro tassello alla revisione della vulgata femminista.
Partenio, Pene d’amore, Ets remainders, pp. 118 € 3,36

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