Un successo di scandalo doppio,
l’incesto del titolo venendo dopo un appassionato rapporto lesbico – “sono
stata omosessuale tre mesi. Più esattamente, tre mesi ho creduto di esservi
condannata”. Ma l’incesto la scrittrice se lo riservava per dopo, e grazie a
questo esordio folgorante quindici anni fa, ha potuto reiterare ultimamente con
l’ossessiva “Una settimana di vacanza”, fra la quindicenne inerte e un padre
più che altro geometra di posture.
Un lavoro di testa. L’apertura qui
è di “genere”: una riscrittura dell’apertura di Guibert, omosessuale morto di
Aids, “All’amico che non mi ha salvato
la vita”. Con riprese nel testo: “Quando sono in Italia la Francia mi
manca, quando sono in Francia, è l’Italia che mi manca”, “fare l’amore con una
donna è un incesto”. Con “Calamity Jane” e tutto il repertorio lesbico.
Un virtuosismo eccezionale. Sia
qui, dove qualcosa si muove, sia nella houellebcquiana, arida, “Una settimana
di vacanza”. Di disperazione peraltro non convincente. Mentre è assente
qualsiasi compiacimento, o senso di trasgressione. Scritture senza un’ombra di
piacere – un personaggio vivo, sia pure molesto, un evento in qualche modo
piacevole se non memorabile, un aneddoto
qualsiasi.
La parte nobile del Millennio, molto scritta come Angot fa, si potrebbe dire dell’inutilità della scrittura – per non dire dello scandalo. Per una sorta di astio, che l’autrice de “Gli altri” pratica qui sotterraneamente col pastiche, e a un certo punto formula anche, verso la cultura dell’eccesso, che si vuole specie protetta, e verso la comunicazione che le fa da specchio, e quindi la stessa scrittura. Avendo letto sui giornali, s’interrompe tra una leccatina e l’altra, come a dire “che mi tocca scrivere”, che “la copertura mediatica si merita”, cerca e cerca e non trova, “la penetrazione anale andrà bene per cominciare, ma il seguito?”. La ricetta? “Far vergognare i giornalisti, ripicche, come le freccette alla fiera, è l’etica, il sollievo anche”.
La parte nobile del Millennio, molto scritta come Angot fa, si potrebbe dire dell’inutilità della scrittura – per non dire dello scandalo. Per una sorta di astio, che l’autrice de “Gli altri” pratica qui sotterraneamente col pastiche, e a un certo punto formula anche, verso la cultura dell’eccesso, che si vuole specie protetta, e verso la comunicazione che le fa da specchio, e quindi la stessa scrittura. Avendo letto sui giornali, s’interrompe tra una leccatina e l’altra, come a dire “che mi tocca scrivere”, che “la copertura mediatica si merita”, cerca e cerca e non trova, “la penetrazione anale andrà bene per cominciare, ma il seguito?”. La ricetta? “Far vergognare i giornalisti, ripicche, come le freccette alla fiera, è l’etica, il sollievo anche”.
Christine Angot, L’incesto
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