Barbarie
–
Si dismette nella storia come freccia. Come di uno sfondo remoto, o un
contorno, che sfuma e si dissolve. Mentre è l’unica costante della storia, che
sempre inevitabilmente ritorna alla
barbarie – è sostanza stabile e non volatile, né adulterabile. Uno storico,
per esempio, troverà molta barbarie
nell’Europa odierna, specie a Bruxelles.
Chiarezza – S’intende
l’opposto dell’oscurità ma non lo è: è il cammino della filosofia, attraverso
la materia della filosofia, che non può essere che oscurità. Che è a sua volta
una sorta di miniera che sempre si ricostituisce: più i filosofi fanno
chiarezza su questo o quell’aspetto, più l’oscurità si slarga, e se fa posto in
un punto s’ispessisce in un altro.
Edonismo
–
È “termine greco spregiativo” per W.Pater - che lo reintrodusse con gli studi
sul Rinascimento. E a proposito del “Dorian Gray” di Wilde ne preciserà il
limite: nei “troppi elementi di un mondo non particolarmente raffinato dentro e
attorno a sé”.
Pater aveva un problema, ribatté Oscar
Wilde, che pure era cresciuto coi suoi scritti, gli “Studi sul Rinascimento” e
“Mario l’Epiureo”: aveva paura della sua ombra – “è ma stato vivo?”. In clima
vittoriano era una prudenza necessaria. Ma ovunque il piacere si deve negare.
Lo stesso Wilde precisa, in senso
estetico e anche morale, l’inversione nei termini di Pater, ne “Il declino della
menzogna”. Si ha arte, e cultura, quando “la vita viene affascinata dalla nuova
meraviglia (l’arte, nd.r.), e chiede di essere ammessa nel suo circolo
incantato”. La cultura e l’arte si dissolvono quando “la Vita prende il sopravvento
e porta l’arte fuori, nel suo territorio selvaggio”.
Equità
–
Equo è per Simone Weil, “L’ “Iliade” o il poema della forza”, Ares, il dio
della guerra. Ares uccide coloro che uccidono. Che detta così sembra una faida,
interminabile. Ma impone e estremizza il concetto della pena. È anche, si
potrebbe aggiungere, il precetto biblico, o ebraico, dell’occhio per occhio, dente
per dente.
Galileo
–
O della resistenza: se debba essere radicale, oppure finalizzata.
È filosofo,oltre che scrittore e
scienziato. Se la matematica è il linguaggio di Dio. Non il calcolo, ma
l’armonia delle cifre, delle proporzioni, delle relazioni – degli “incastri”. È
in questo senso, divino, che gli antichi elaborarono i fondamenti della scienza,
gli antichi greci. Quando, cioè, coinciarono a cogliere le costanti nella varietà
delle cose, dei fenomeni. Delle regolarità.
Enucleando la logica, la pensarono , se non la dissero, divina. Nel suo
costante adeguamento, è un punto fermo.
Heidegger
- Senza
il nazismo, molto resta inspiegato, della vita e dell’opera. Col nazismo no.
Il nazismo lo diminuisce? Diminuisce
tutto perché è finito nell’ignominia. Ma
ha combattuto, temuto, fino all’ultimo. Essendo più che meno: più temibile che
debole, più efficiente che disorganizzato, più interiorizzato che superficiale,
e infine più attraente che repulsivo. Più nazionale e popolare, anche in senso
gramsciano. Antisemita, antislavo, antilatino: quattro generazioni si sono
succedute dopo Hitler e l’Ausrottung
della Germania e non sono bastate a mutare l’opinione. La barbarie del nazismo è
molto profonda : radicale e radicata.
Jeanne Hersch, che ne ha opinione irriverente,
da allieva di Jaspers e ebrea, solleva
però più punti deboli. Come l’uomo del sì e del no insieme. Della chiarezza e
dell’oscurità. E soprattutto della forza. “Ho già scritto una volta e lo riscriverei”,
insiste nell’intervista del 1996 con “Sic et non”, la sua ultima, “che Heidegger
è qualcuno che gode dellla forza. La ama, ama costringere… Non vuole avere
ragione, vuol essere il vincitore. È questa la sua verità. La sua verità deve
diventare la mia”. Per aggiungere in fine, pensosa, sottolineando: “Non ha un vero pensiero”. Peggio: “Ha una propensione (Liebe) per una sorta di Notte di
Valpurga, in cui le tempeste imbrillantano le cose”.
Un mago, come lo voleva Hannah Arendt? Jeanne
Hersch insiste: “È uno ingegnoso. S’ingegna di trovare formule inattese, che
all’improvviso sbocciano e lasciano intravedere qualcosa, che finora non era
stato visto... Non dico che le sue parole non abbiano nulla di creativo. Hanno qualcosa di creativo ma non la
chiarezza della verità per la libertà”.
A tratti è pleonastico più che magico: di Welt weltet che vuol dire, il mondo
mondeggia? O der Raum raumt, lo
spazio spazieggia?
Nichilismo
–
Il più rigoroso è cristiano. Anche mussulmano, e ebraico, di tutti quelli del
Dio unico. Un Principio e un Termine la cui ascesa è, come diceva Blake, “scendere
nell’annientamento del proprio io”. Si
ascende a Dio, già Dante lo sapeva, andando all’ingiù. Bisogna essere umili,
fino all’annientamento.
Sogno
– È
spesso in forma teatrale – mise en abîme:
sogno di sogni. “Tutto quello che vediamo dormendo è sonno”, direbbe Eraclito.
Storia
familiare –
Muore appena nata, con la paternità – con fecondazione eterologa e l’utero in
affitto. O era già alle origini una forma di selfie? Diavolo di un Freud, anche il selife ha inventato.
Tre
– Il
fondamento delle numerologia suona all’origine come il mare. Fu chiamato thlatha dagli arabi che lo inventarono.
Il mare come dell’immensità? Un’idea, nata dall’assonanza, con lieve variazione
vocalica superimposta al numero? Resta ambiguo anche nella Cabala.
Vanità – “Per vanità
avevo fatto a meno di lei” – della vanità (Oscar Wilde, nella polemica seguita
alla pubblicazione del “Dorian Gray”. La vanità dell’umiltà. Che non può non
essere atteggiata.
zeulig@antiit.eu
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