sabato 23 agosto 2014

Secondi pensieri - 184

zeulig

Aristotele – È sprofondato sotto l’aristotelismo, e vi resta seppellito, con poche, ininfluenti, aperture. Si è perso senza demerito proprio, ma si è perso. E in quel Cinque-Seicento che rinnovò la civiltà, con la nascita dello spirito scientifico, sulla traccia dell’aristotelismo più proprio. Ma erain cattedra, e rovinò con quella. Le controversie di Padova e degli aristotelici contro il “padovano” Galileo, metafisiche e di metodo, che invece era propriamente aristotelico, sembrano risibili. Di Anton io Rocco per esempio, che invece era solo un libertino. O di Cesare Cremonini, lui vero eretico, sostenitore della mortalità dell’anima, “amico” di Galileo. Ma hanno indotto in errore la chiesa, rovinato la vita, se non l’opera, di Galileo, l’uomo aveva tanta forza da reggere da solo alla chiesa e ai cardinali, e seppellito Aristotele.

Corpo - “Noi non possiamo liberarci dal corpo”, stabilì san Gregorio Palamas, apostolo della vera fede. Del nudo classico che l’Occidente ha ereditato, quello maschile è nell’arte il Cristo in croce, più i san Sebastiani - è questo che fa la superiorità delle mistiche sui mistici? Nudo è l’uomo, e la donna, nessun altro animale è mai nudo. L’Oriente non ha nudi, l’Oriente dell’Occidente, ma ha il corpo. Se non fosse ritenuto blasfemo si potrebbe anzi dire il corpo l’esicasmo della materia, preghiera laica.
A Oriente Dio non sta fuori dal mondo. E il corpo non subisce la divinizzazione passivo, ma vi partecipa. “È esicasta”, aveva spiegato Climaco  nella “Scala al cielo”, “chi cerca di catturare nel corpo l’incorporeo”. Il segreto è l’accettazione del corpo, che sarà classico ma è vivo in quanto è ortodosso. L’esilaramento è tutto qui. Nell’autexusia, direbbe Palamas: divinizzarsi, autonomizzarsi, pensare libero.
Il santo prefigura l’“Io corporale” di Norman Brown. Esicasmo è la preghiera assidua, ritmata dal respiro, che conduce all’esichìa, la serenità d’animo. E il corpo è il canto vivente, l’armonia delle sfere. È Spinoza, l’unità del corpo e della conoscenza.

Non c’è solo le “e” del “Filioque”, c’è il corpo di mezzo tra Occidente e oriente cristiano, tra il fondamentalismo ortodosso e Roma. Nell’ultima controversia sostenuta a Bisanzio a metà Trecento in vista di un concilio riunificatore, l’inviato del papa, il monaco di Seminara Barlaam, pretendeva autonomia per il sapere “esterno”, esterno alla fede, sulla base dei Vangeli e di san Paolo. Ma agli esicasti rimproverava di voler mantenere l’intelletto nel corpo. Fu facile a Palamas obiettare che il corpo non è l’opposto dell’anima, e anzi deve avere “una natura conforme a essa”. E che, Dio essendosi incarnato, i doni dello Spirito Santo passano per il corpo, le mani, gli occhi, la lingua.
Al Concilio Tridentino Barlaam fu creduto due, uno d’Oriente e uno d’Occidente, uno sconosciuto.

Il corpo è lo spirito, dice san Paolo.

Il sesso per sé, per la durata e l’intensità dell’orgasmo, non porta in nessun posto, se non a gioiosi intervalli, come bersi un’aranciata. Non all’amore, all’avventura, alla creazione, all’illusione della creazione. Il corpo ha certo un’anima. Estetica per i greci, magica per i primitivi, spirituale e filosofica per i mistici, e ora, pare, psicologica. Ma, secolarizzato, vibra meno d’una partita  di calcio, e non elimina le tossine. Certo, non richiede coraggio.

Dio – “Dio vuole gli dei”, dice Novalis. “I territori, al pari di mari e città, hanno le proprie divinità”, aggiunge René Gustav Hocke, letterato fine, l’ultimo Grande Viaggiatore, nelle vesti romantiche di “Manfredi”, al Sud, lasciando Napoli per la Magna Grecia. Sul fiorire, che avverte sensibile, in giovane età e oltre, di questa magia.

Paternità - Il figlio scopre il padre ai sessant’anni. Qualche volta ai cinquanta. Ai sessant’anni suoi, di figlio, quindi raramente.
Il maschilismo non sarà (stato) una copertura, comoda? Per coprirsi, potendosene lamentare. Anche l’attribuzione del lutto, ininterrotto dai diciotto-venti anni in su, condannava le donne, o non le preservava?

Processioni – La decadenza nasce e si rafforza con l’abbandono dei miti. La morte della religione dopo la morte di Dio – dove conduce l’io-e-il-mio-Dio della riforma lo sappiamo da Nietzsche, i vescovi farebbero bene a leggerlo. I vescovi di Palmi e Locri che le processioni bandiscono perché “residui di paganesimo”, non sono luterani, sono ordinati. Non nel senso del sacramento ma dell’ordine borghese, del decoro, la proprietà, i buoni sentimenti e la ragione spicciola. Di ogni cosa al suo posto, smacchiata e, se possibile, inodore. Figurarsi poi il sudore.
Non c’è più la divinità dell’uomo. Non c’è nemmeno la divinità, il concetto - il divino esiste solo se incontra l’umano, nel mito, nel rito, nell’inconscio.

Statue – L’amore delle statue si chiama agalmatofilia, ma è diffuso. Non solo tra gli scultori. La Venere di Cnido, famosa per eccitare gli osservatori, non è un caso isolato. Né il Pigmalione di Ovidio, una passione di tale intensità da trasformare la statua in persona viva. L’amore vi prende diversa valenza.

Riguarda però forme perfette. Solo statue femminili a Olimpia, stadio degli agoni maschili. L’uomo è - era - satiro, un mezzo capro. La statua maschile deve aspettare Michelangelo, e piuttosto torcersi, tormentarsi – il David è di culto perché è, era, un’eccezione.

zeulig@antiit.eu

Nessun commento:

Posta un commento