Lo confida a Federico Carli, come
una delle “Testimonianze” che compongono il sesto volume delle opere dell’ex
governatore, ma non è un segreto. Era anzi la sua tesi di laurea, di Mario
Draghi. Nel 1970, con Federico Caffè. Una disamina del Piano Werner, il primo progetto
di unione monetaria europea che proprio quell’anno era stato redatto. Da una commissione
presieduta dall’ex primo ministro del Lussemburgo Pierre Werner. Non prevedeva
una moneta unica ma dei tassi di cambio fissi, e il coordinamento delle
politiche monetarie nazionali. La conclusione che Draghi ne trasse fu scettica:
senza un coordinamento rigido delle politiche fiscali e sociali nazionali i
cambi fissi non potevano funzionare.
Era questa anche la conclusione di
Werner, alla lettura del rapporto. Ma le sue conclusioni furono presentate in
forma positiva e diedero avvio al Sistema monetario europeo.
Relatore della tesi di Draghi fu
Federico Caffè, che il presidente Bce dice esperto in qualche misura delle
tematiche internazionali. Non era così, possiamo testimoniarlo avendo avuto Caffè
come commissario a un concorso tre anni prima. Il tema del concorso era la cooperazione
per lo sviluppo, e la tesi che essa opera a favore dei paesi donatori, fondata sui
saldi delle partite correnti, sulla base della metodologia di P.T.Bauer della
London School of Economics, suscitò i suoi sarcasmi – non fu nemmeno discussa: la
cooperazione è un atto di generosità, etc. L’analisi dello Sme impossibile è
tutta di Draghi.
Caffè invece venne opportuno per la
seconda parte della confidenza di Draghi a Federico Carli: “Le sue idee mi sa
che trovano orecchie sensibili in Banca d’Italia”. Dove c’era Carli. Era così,
dice Draghi: direttore generale del Tesoro dal 1991, con Carli ministro, Draghi
è due giorni a settimana a Bruxelles a discutere il futuro trattato di
Maastricht. Cin la netta sensazione che non avrebbe potuto funzionare.
Condivisa da Carli. Poi Ciampi e Prodi vollero diversamente.
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