giovedì 11 settembre 2014

I barbari a Roma

La sua “rivoluzione archeologica” il super-sovrintendente La Regina intende a Roma come la pedonalizzazione del centro-città, per lasciarlo ai turisti. Una città di cento-duecentomila persone? Il doppio nei giorni lavorati? Da non credere: ma dove li prendono?
Uno – giusto per stare alla specializzazione nel neo-solone - che non è stato al Foro Romano trent’anni fa, o a Pompei, e non vede la differenza col cafarnao di oggi, e la desolazione? Come si può pensare di chiudere una città a beneficio di bancarelle, magliette, ricordini e panini?
Dice: ma i turisti portano soldi. Ma che discorso è, da un sovrintendentente, da un  sindaco? Sono soldi buoni, il costo non si calcola, di distruggere una città per il calpestio di turisti distratti, che fotografano nemmeno loro sanno che cosa? E per quanto tempo li porteranno? Prima o poi potranno fotografare le copie nei Disneyworld, al fresco e al pulito.
Ma, comunque, per questo distruggere una città? L’isola pedonale fu inventata dal centro-sinistra a Roma nel 1965, ma limitatamente a Piazza Navona. Senza le bugie ambientali con cui il grande-piccolo business dei centri pedonali si copre: i centri storici chiusi danno un contributo prossimo allo zero all’antinquinamento. Ipoteticamente, perché non ci sono città chiuse, come avverrebbe a Roma.
Zone pedonali sono state fino ad ora una o due piazze e poche strade adiacenti. È una ricetta nordica, di farsi la “piazza”, un luogo dove passeggiare che altrimenti non avrebbero, e non si discute. Roma, che vive in piazza, ha finora resistito con coraggio anche alle isole pedonali. Da città viva, plurivocazionale: religiosa, storica, artistica, politica, amministrativa, universitaria, commerciale, industriale, artigianale, tecnologica. Possono distruggerla due barbari, La Regina napoletano, Marino siculo-americano?

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