È
un assist a Renzi contro la Cgil. Subito i “volenterosi” nella stampa e le tv si
sono impadroniti delle dimissioni di Muti dall’Opera di Roma per spostare la mira.
Non l’Opera e la mala gestione, ma l’orchestra, il coro, insomma i lavoratori,
per di più sindacalizzati. Rischiando il ridicolo, tanto nessuno glielo
rimprovera, poiché a Chicago, di cui è direttore stabile dell’Orcehstra, Muti ha
avuto cancellato il co certo in programma il 20 per motivi sindacali. No, Muti non teme i sindacati, ma la violenza politica si.
Di
cui la risposta della stampa, allineata e coperta, è la riprova. Che
naturalmente non ne fa colpa a tutti i sindacati, ma agli autonomi e alla Cgil.
E naturalmente non a tutti gli autonomi e a tutta la Cgil, ma a una parte…. Puro
stile Cominform, niente è morto.
Le
dimissioni di Muti sono l’ultimo effetto di una politica spregiudicata in fame
di posti. Messa in moto nemmeno da Marino, una volta eletto a sindaco, ma dal Pd
romano. Che h schierato i suoi cannoni nei vari giornali, e s’è inventato il
fallimento dell’Opera, subito naturalmente poi rientrato. Per nominarvi l’onnipresdenta
Fuortes, il garante dell’occupazione culturale a Roma.
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