Ritorna l’intuizione,
il pensiero che non pensa, e ritorna la Einfühlung, l’empatia, il
potenziale comunicativo. Una nozione che andava molto nella filosofia dell’arte
a fine Ottocento, cui Edith Stein giovanissima tenta di dare un assetto, spinta
dal suo maestro Husserl, all’età di 23 anni. Husserl ne aveva scritto, in una serie
di appunti che la stessa Stein, sua assistente volontaria, trascriverà e editerà
successivamente, poi inclusi nel secondo libro delle “Ideen”. Ma ne aveva nel
1913 un concetto generico, di cui propose
alla Stein, che gli chiedeva una tesi di laurea-dottorato, l’approfondimento.
Einfühlung era il termine prevalente e da ultimo adottato
per il complesso di sentimenti, risentimenti e linguaggi che fanno la vita di
relazione: memoria, ricordo, fantasia, radicamento, sensibilità, linguaggi, trazioni, culti, che si impongono e fanno il singolo, la persona: “un’esperienza
vissuta originaria”, la dice Stein, “la quale non è stata vissuta da me, eppure
si annunzia in me”. In alternativa, nei numerosi testi che Edith Stein prese in
esame, si proponeva associazione, fusione, inferenza per analogia,
co-sentimento (Mitgefühl), risonanza, comprensione (Erfassung).
L’assunto à
semplice: l’anima è nel corpo. Così Husserl individua l’empatia in uno degli
appunti del secondo “Idee”: “Il corpo proprio e la psiche formano una peculiare
unità per l’esperienza”. È nozione anche di forte verità, per i linguaggi, le
passioni, la stessa vita civile - il corpo non mente: si dice ed è vero. Ma è rimasta da allora inesplorata, anche se
molto Heidegger in realtà vi confluisce. Resta centrale il “vissuto” di Max
Scheler, attorno a cui Edith Stein con qualche riserva si aggira, e Bergson.
Ripresa subito da Freud, l’empatia (anche “enteropatia”) è nozione centrale
invece nella psicoanalisi, con una notevole bibliografia.
Meglio adattabile
è infatti alla psicologia, che è l’assunto di Edith Stein. Il parlare è l’Io,
“l’Io puro”- è il tema della parte Terza, la più ambiziosa. Anche se lo diventa
in contrasto col “Tu” e col “Lui”. O sgranandosi col “flusso di coscienza”.
Insomma l’anima – “l’Io puro” è inafferrabile, inconsistente. La “coscienza
pura”. Finché non si arriva al corpo. La parte Terza ha il merito di
ricordarcelo, se non di “risolvere” il concetto, di fissarlo.
Si ripubblica
l’edizione Costantini del 1985 - con una nuova prefazione, di Angela Ales Bello
al posto del padre Paolo Valori. Un’edizione che ha il pregio di dare un corpo
anche alla futura carmelitana scalza, e quasi santa: Edith a Friburgo era
procace e piacente, innamorata felice, fino a un certo punto, del bellissimo
Hans Lipps, che però fece un figlio con un’altra. Si volle assistente di
Husserl, seppure volontaria, col quale però non cessò di discutere – soprattutto
del radicamento della fenomenologia nell’idealismo invece che nella psicologia,
cui Husserl teneva e che secondo Stein non aveva senso. Dopo tre anni decise pure
di lasciarlo, l’impegno essendo troppo faticoso, e lo fece. Sarà bocciata alla
libera docenza da una commissione di cui era parte Heidegger, che la conosceva
e al quale aveva chiesto il patrocinio.
Edith Stein, Il
problema dell’empatia, Studium, pp. 288 € 21,50
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